Dopo il precedente video dedicato all’allarmante siccità e ai danni che sta provocando, vengo a spieare il perché il problema sembra non allarmare più di tanto giornali e televisioni, in quanto la loro sopravvivenza dipende molto anche dagli inserzionisti pubblicitari.

A tal proposito il primo dato che deve far riflettere riguarda l’aumento sulle tivù di pubblicità di aziende che inquinano.

Lo dice uno studio dell’Osservatorio di Pavia, commissionato da Greenpeace Italia, secondo il quale tra settembre e dicembre 2022 la crisi climatica e il surriscaldamento globale sono stati raccontanti da 5 quotidiani (Corriere della Sera, Repubblica, Sole 24 Ore, La Stampa e Avvenire) con una media di 2,5 articoli al giorno, ossia il 20% in meno rispetto al quadrimestre precedente.

Periodi caratterizzati dall’alluvione di Ischia e dal summit del clima Cop27 andato in scena a Sharm el Sheik.
Di contro sui canali Rai Mediaset e La7 è salita a 6 spot per ogni settimana, la pubblicità dell’industria dei combustibili fossili e delle aziende dell’automotive, aeree e crocieristiche, che sono, secondo Greenpeace, tra i maggiori responsabili del riscaldamento del pianeta.

Nei telegiornali – dice lo studio dell’Osservatorio di Pavia – la crisi climatica non ha raggiunto il 3% delle notizie. Va un po’ meglio nei programmi, dove il clima ha trovato spazio in 116 delle 450 puntate monitorate, il 26%, dato comunque in calo rispetto al passato: Giancarlo Sturloni – di Greenpeace Italia – dice che “Gli ultimi mesi del 2022 confermano l’indifferenza dei media nei confronti della più grave emergenza ambientale della storia. In Italia le aziende hanno un’enorme influenza sui media e dove un colosso come Eni può dettare le politiche energetiche del governo”.

Lascia un commento