Il salvataggio per la Grecia è tutta una questione autonoma. Nel mare inquinato e puzzolente di questa Europa criminale, la Grecia si è costruita la propria scialuppa per galleggiare e navigare da sola. Come ha sempre fatto nella sua storia millenaria, i greci hanno detto sonoramente NO all’austerity e alla Troika europea. Dunque NO al risarcimento del debito sovrano, l’arma a disposizione della Germania camuffata da Unione europea per sottomettere un Paese straniero. La Regina tedesca (in scacco) Angela Merkel, va dal premier francese Hollande per decidere cosa raccontare al continente e cosa fare contro la Grecia, che sovranamente ha detto di non condividere l’euro. E’ lei la faccia senza burqa del califfato europeo. Ce l’ha a morte col premier greco Alexis Tsipras che si è permesso democraticamente di far scegliere ai cittadini il destino economico del proprio Paese. Il Paese ha scelto: rifiuta la Troika, l’austerity, i debiti drogati e, dunque, dice no a questo modello di Euro. I califfi dell’Ue sono accecati di rabbia. Se avessero una scimitarra tra le mani farebbero rotolare teste su teste. Non gli va giù questa decisione. Pretendono il comando sulla Grecia nonostante la volontà dei greci. Eppure la prima incazzatura della Merkel dovrebbe essere contro i sondaggisti schiavi del califfato finanziario che davano per certo il SI’. Non contro Tsipras e il suo ministro delle finanze Varoufakis che hanno dato prova di coraggio facendo scegliere al loro popolo. I giornali minacciano che a Berlino “Tsipras troverà la porta chiusa“. In realtà la Grecia è quello che vuole, visto che la palla continua a tenerla il Paese ellenico in questa bella partita di autonomia politica e sovrana. Mica i compagni di merende Merkel, Hollande, Draghi, Juncker & co. Le condizioni che detta la Grecia dopo la vittoria del NO sono: “o ci tagliate il debito, oppure chiudeteci pure i rubinetti che noi vivremo lo stesso col ritorno alla dracma”. L’Europa non ha molte chances di scelta. O tagliano il debito alla Grecia per tenerla nell’euro, o la escludono dalla moneta unica avviandola al default. Che significa rinuncia dei crediti. Entrambe le soluzioni sono deleterie per la Troika perché a quel punto anche altri paesi indebitati come l’Italia potrebbero seguire le orme della Grecia: indire referendum a loro volta o addirittura rifiutarsi di pagare i debiti sovrani.
Per una mossa così ci vorrebbe Matteo Renzi se non fosse la caricatura di sé stesso e se non si atteggiasse da pagliaccio prono alle posizioni della Merkel. In tutto questo gioco greco che rappresenta una rivoluzione storica, se davvero volesse, Renzi potrebbe darsi una chance di credibilità. Chiederebbe a sua volta un referendum anche per l’Italia col risultato che riunirebbe il Pd (vedi Fassina e la sinistra vendoliana), e troverebbe man forte nel Movimento 5 stelle, che il referendum sull’euro lo ha promesso in campagna elettorale. “Stare SI’ o NO a queste condizioni nell’euro?” Io voterei immediatamente NO, visto che non ha senso rovinarsi la vita per pagare un debito enorme per il quale non stiamo più nemmeno pagando gli interessi. Renzi, se volesse, potrebbe uscire da questa impasse di ridicolo figurante di quint’ordine nel panorama europeo. Dovrebbe, anzi, farsi forte vista la recente esperienza già dimenticata del semestre europeo e il ruolo di Federica Mogherini, passata dai fasti di grandioso ministro estero continentale, a replicante funzionario della cricca asserragliata nei bunker di vetro tra Bruxelles e Strasburgo.
Renzi potrebbe emulare Tsipras se non fosse lui stesso espressione di quel potere criminale bancario che lo ha fatto piazzare a Palazzo Chigi senza voto per il tramite di Giorgio Napolitano. Menomale che anche Renzi è passeggero e presto finirà nel dimenticatoio. Per il resto, noi italiani dobbiamo solo rallegrarci di questo NO greco che dà scacco alla pretesa sovranità delle banche. La Grecia ha saputo trovare la luce nel tunnel con la forza del proprio voto popolare e sovrano. Rimane come nella storia una civiltà-guida per gli altri Paesi. Una fortuna anche per l’Italia.