Fabio e Mingo “smascherano” un finto avvocato. Confezionano un servizio per Striscia la notizia. Nel servizio, il volto del finto legale e la targa della sua auto sono pixellati. La magistratura di Bari vuole andare a fondo del caso. Ipotizza il reato di truffa, falso ed esercizio abusivo del titolo. I carabinieri bussano a casa di Mingo. Chiedono il girato del servizio per risalire all’identità del falso avvocato. Corinne Martino, moglie di Mingo, risponde che le immagini le sono state rubate. La richiesta viene allora girata alla redazione di Striscia, a Segrate. Antonio Ricci consegna il grezzo. Gli investigatori scoprono che la targa dell’auto è intestata a una società di noleggio. E che il noleggio è stato pagato con una carta di credito intestata alla società di Fabio e Mingo. Carta andata persa. Morale: dall’indagine di truffa, falso e esercizio abusivo del titolo, si passa a indagare Striscia per simulazione di reato. Ricci licenzia i due inviati pugliesi e li querela per truffa e diffamazione. Questa la nuda cronaca dei fatti.
A posteriori, da giornalisti, ci poniamo qualche domanda. Assodato che Fabio e Mingo non sono giornalisti, ma soltanto “attori” come più volte ribadito da loro stessi. Assodato che quel servizio di denuncia del finto avvocato, è uno scoop giornalistico interpretato da due attori (Fabio e Mingo). Viene da chiedersi chi sarà mai stato il giornalista che ha dato per buona questa bufala. Striscia, del resto, è un telegiornale satirico classificato di varietà e informazione. Avendo inviati come Valerio Staffelli, che risulta iscritto all’Ordine, è presumibile che Striscia sia a tutti gli effetti una testata giornalistica guidata da un giornalista direttore responsabile (Antonio Ricci risulta essere solo autore del programma). Ora, aldilà della presunta malafede di Fabio e Mingo, è comprensibile che difendano «la correttezza dell’attività svolta in questi anni esclusivamente come attori». Hanno apparentemente ragione perché il loro ruolo era quello di interpretare i servizi proposti sulle indicazioni di Striscia. Ma il dubbio, più grave, sorge sulla qualità del loro rapporto con la redazione di Milano. Ossia, che quest’ultima avesse dato piena fiducia alle segnalazioni dei due inviati pugliesi, senza che nessun giornalista avesse verificato l’attendibilità dei loro scoop. Lo testimoniano altri presunti finti scoop alla lente, come quello della cartomante e la presunta attribuzione di acquisti milionari da parte dell’Azienda sanitaria di Pescara. In tal caso, la colpa di Fabio e Mingo sarebbe risibile, per non dire nulla, rispetto a quella della testata giornalistica di Striscia. Che avrebbe il compito di incaricare dei giornalisti per verificare l’attendibilità delle notizie prima di confezionare i servizi interpretati dagli attori. Insomma, da quel che par di capire, Fabio e Mingo confezionavano bufale senza controllo, e a Milano se le bevevano per buone. In tal caso, un bel tapiro andrebbe proprio al mitico Antonio Ricci. E al direttore responsabile di Striscia.