Nella retata veneziana per l’inchiesta sulle tangenti nel Mose, fra i 35 ammanettati c’è, anzi, ci sarebbe anche Giancarlo Galan, senatore di Forza Italia, partito di cui è padrone e padrino in Veneto nonché ex governatore della regione ed ex ministro delle Politiche agricole del governo Berlusconi (suo testimone di nozze). Galan non è stato arrestato in quanto senatore in carica protetto da immunità parlamentare. Dovranno esprimersi le Camere con voto segreto per autorizzarne l’arresto. Galan è accusato di aver riscosso 200 mila euro in tangenti da Piergiorgio Baita del gruppo Mantovani per sveltire l’approvazione di project financing di Adria infrastrutture, oltre a svariati milioni di euro a botte di uno all’anno. Si sarebbe anche fatto ristrutturare la villa di proprietà di Cinto euganeo, nel padovano. Con questa grana Galan, salvo promozioni per meriti da parte di Berlusconi, dovrebbe chiudere nel peggiore dei modi la sua carriera politica. Lui che grazie al “padre putativo” di Arcore che gli fece dirigere Publitalia “devo tutto a Berlusconi“, era diventato ministro delle politiche agricole dopo tre mandati da governatore del Veneto, dei quali vantava «vittorie a ripetizione, stabilità assoluta e 15 anni di governo senza uno scandalo», con la scusa che Berlusconi lo voleva ministro per consegnare la regione alla Lega con l’allora ministro delle politiche agricole candidato Luca Zaia, e attuale governatore al quale hanno arrestato l’assessore Chisso nella stessa inchiesta sul Mose.
Galan, forse per prudenza e viste le indagini che già riguardavano il presidente del Consorzio Venezia Nuova Giovanni Mazzacurati (poi arrestato), ha preferito farsi blindare nel governo scambiando la poltrona con Zaia e recitando la parte di colui che “si sente tradito” per dover mollare la cadrega di governatore veneto. Galan, che si è sempre vantato di “aver cambiato la politica“, non disdegnava nemmeno il “mondo gelatinoso” della cricca del G8. Chiamava a Palazzo Chgi Angelo Balducci per proporgli il ruolo di commissario per la costruzione per il nuovo Palacinema del Lido di Venezia, in quanto gli serviva uno “con forti agganci romani, anche economici”. L’11 settembre 2011 dichiarava al Fatto quotidiano di sentirsi “ministro di un paese fantastico. Ritengo di aver avuto molta fortuna per essere nato in Italia, in particolare nel mio Veneto“. Forse sentiva di averla fatta franca. Voleva far dimettere il ministro del Tesoro Tremonti definito “la rovina dell’Italia” e sempre due anni fa, con Berlusconi in caduta libera, Galan invocava “facce nuove in grado di essere credibili“, in quanto “noi abbiamo tradito gli elettori, non abbiamo mantenuto le promesse“. Profetico! Dunque “basta tessere, basta spartizioni nei consigli di amministrazione, basta con tutte quelle fregnacce lì…“. Al putativo-puttaniere Berlusconi, Galan ha fatto anche da sciacquino nei processi. In quello Ruby ha testimonato di aver assistito durante una cena tra Berlusconi e Mubarak: «Sentii fare il nome di Ruby, ma pensai a una bella donna, una cantante o un’attrice famosa egiziana», benché nessuno degli altri presenti avesse potuto confermare la versione. Senza contare quando rivelò ad Agorà su Rai3 di avere nel telefonino alcuni sms di Angela Bruno, venditrice veneta bersaglio di battute sessiste da parte del pregiudicato di Arcore.
Per il resto Galan non ne ha azzeccate molte di previsioni. Ha scommesso che il Pdl non avrebbe chiuso, e invece ha chiuso. Ha sognato invano un duello tivù tra Marina Berlusconi e Matteo Renzi. Alla condanna definitiva del solito Berlusconi, se la prendeva col “dispiego di uomini e mezzi” e con “la mole inaudita di intercettazioni“, sicuro di un rilancio della nuova Forza Italia. Visto a posteriori Galan pare porti sfiga come Giuliano Ferrara, l'”intellettuale” che lui stesso voleva sostituire. Alla fine, paragonando Berlusconi a un biglietto della lotteria, Galan ha dovuto ammettere l’ecatombe di voti al Pdl dichiarando di non riuscire a immaginare Berlusconi prigioniero. Con quello che gli sta capitando tra capo e collo, scommetto che ora prigioniero s’immagina lui…