I giornali di oggi fanno a gara della satira dell’obbrobrio sul V-Day di Genova. Il clown Curzio Maltese su Repubblica (che tanto avrebbe da dire sul clan renziano dei De Luca di Salerno ma tace), raglia di “circo indiano” del “Buffalo Bill Casaleggio” farcito di “benoltrismo di punti divertenti“. Dice che in piazza c’era soltanto un terzo della gente attesa perché “i genovesi che conoscono bene il loro concittadino, sono rimasti a casa” tranne il corrispondente di Le Monde, Philippe Ridet, al quale Curzio non invidia soltanto il fatto di non essersi prostituito al Pd di Epifani, ma gli invidia pure “una folgorante definizione: «Grillo è l’unico comico che mi fa paura»“. Amaramente, Curzio, in quella piazza, col suo facciotto da venduto al clan di Scalfari, è costretto a rilevare la presenza di “facce oneste” che non vedeva da decenni, delle quali “ci si domanda dove finirà tutta questa passione o illusione“. Vorrebbe, Curzio, rivendersi da usato sicuro al M5S. Il problema è che lo paga da troppo tempo il Pd, quello che di Repubblica Genova edizione locale, strilla “Grillo gioca in casa ma non sfonda“. In effetti quando gli scriventi non hanno più un solo orifizio illibato, anche lo sfondamento può incappare nella lista dei termini semanticamente corrotti. Infatti, anche L’Unità relega in un angolino a fianco di una puzzolente renza di Renzi “Grillo assalta il Quirinale e lancia i dazi“. Questo per quanto riguarda la stampa di sinistra, quella più penni-Vendola.
Spostandoci verso il centro e la destra dell’arco cimiteriale, imcappiamo nel Massaggero (dei politici) che sfodera a tutta pagina un “Letta: allarme spinte anti-Ue” in pendant con La Stramba di Torino, che dell’occhialuto premier Letta-Filini riporta: “le spinte estremiste crescono in modo preoccupante“. Poco sotto il titolo dei “40 mila in piazza“, ecco la marchetta di Elisabetta Gualmini che sbotta contro “l’antipolitica corre verso Bruxelles“, in vista di un nuovo libro nel quale questa lungimirante talpa parlerà di ciò che non conosce: il movimento. Il Corriere della pera (o della resa) non ha bisogno della corruzione semantica dei termini. Ribalta la realtà con un elenco di frasi da far impallidire persino Sallusti. E’ Marco Imarisio che esordisce sul v-day di Genova col “gran bazar dello scontento“, composto da un “Movimento 5 Stelle che ha fatto fuori la concorrenza, in regime di monopolio della protesta“. Insomma, una sorta di manicomio di depressi in ascolto di “Grillo che stempera il suo consueto furore da comizio in un lirismo da utopia, immaginando una società libera anche da un lavoro“. Michele Ainis, quello elogiato su Rai2 da Byobluff, si scaglia contro il Porcellum e “i grillini, che lo disprezzano però dichiarano di volerlo conservare“. Dunque, timoroso del destino amaro dei finanziamenti pubblici ai giornali di cui giova anche lui, costituzionalista da condominio, eccolo sospirare con un “Chissà. Una tensione infinita alla quale si aggiungono i soliti segnali di guerra del Movimento 5 Stelle, con Beppe Grillo che infiamma le piazze e il web annunciando di voler presentare una richiesta di impeachment davanti al Parlamento. Il presidente per il momento non replica. Si riserva il ruolo di spettatore, di quello che cerca di capire (..) ascolta, osserva, cerca d’interpretare. E ovviamente tace.” Già, non avevamo dubbi dopo l’esperienza delle intercettazioni che riguardano l’inquilino del Quirinale con Nicola Mancino.
In soccorso del presidente della Repubblica delle banane c’è anche il croce-rossino socialista-crac-siano Pigi Battista, che scodinzolando per Civati del Pd, assicura: “le larghe intese per il Quirinale non sono un «inciucio», come vuole la vulgata dettata dal fanatismo che pervade il nostro discorso pubblico, ma è richiesto dalla stessa natura del Capo dello Stato come garante dell’unità nazionale e custode della Costituzione...”. Ecco, mentre il Vernacoliere avrà materiale da satira per almeno un anno, attendiamo di sapere l’elenco delle cinque regioni che vorranno inseguire la Lombardia nel progetto di proporre al govrerno di abolire la legge Merlin contro le puttane. Alla corte del governatore Maroni paiono tutti d’accordo, tranne gli alfaniani. Loro non vogliono concorrenza. Curzio, Pigi, Massaggero e bordello bello, facciano gli onanisti sull’argomento finché riescono a campare sui giornalacci. Perché tra un po’ il Movimento farà un bordello di voti. E lì, davvero, sarà finita per tutti questi pagliacci di carta. Una renza li seppellirà.