partito democratico biscione

Processo Ruby tutto sommato “breve” (2 anni e 2 mesi), roba da non lamentarsi per il popò di prove acquisite dai magistrati di Milano. Il bipolarismo dell’inciucio Pdl-Pd dovrebbe rallegrarsi per l’efficacia accusatoria supportata da una quantità di intercettazioni telefoniche incrociate che non fanno una piega, e perlopiù a prezzi di saldo (appena 28 mila euro, mica i milioni che tuonava l’ex menestrello Alfano!). Telefonate corredate da buste piene di soldi consegnate dalle mani del ragionier Spinelli all’allora minorenne Ruby, uscita dalla questura di Milano sotto denuncia per furto e senza documenti, scappata dalla famiglia e da una comunità per minori per finire in un piccolo bordello di una prostituta, tal Conceicao in via Villoresi 19, per intercessione diretta della consigliera lombarda del listino Formigoni Nicole Minetti. Gli agenti della stessa questura milanese che boicottano le disposizioni del magistrato dei minori Fiorillo, per accontentare il Drago di Arcore che in quel periodo è premier al quarto mandato (di chiave di cella, forse da oggi). L’agente Giorgia Iafrate lo dice candidamente ai giudici in aula: «Io, di fronte a decidere se lasciare la minore in una condizione non sicura e di fronte al decidere di lasciarla ad una consigliera regionale votata dal popolo italiano, ho ritenuto opportuno fare questa seconda cosa». E’ la dichiarazione chiave che determina la condanna per concussioneper costrizione” (e non per induzione) che ultimamente il partito unico Pdl-Pd cercavano di spacchettare e di derubricare con le norme salva-Ruby: la “teenie” marocchina che prima di rimangiarsi tutto con patetiche sceneggiate all’esterno del tribunale di Milano davanti alle telecamere del canale pubblico Rai, fu la prima a sdoganare sicura il bunga bunga, fatto di ben retribuiti toccamenti e sesso nel “troiaio” arcoriano del capo di governo, un vecchio magnaccio che di quel bunga bunga “favoriva il racket“. E’ Silvio Berlusconi l’utilizzatore finale della carne giovane. Il collegio delle giudici (donne) lo ha condannato a 7 anni di galera e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici. E’ sempre lui, lo stesso che in appello ha già preso 4 anni per evasione fiscale nella compravendita dei diritti televisivi di serie indimenticabili delle reti Fininvest e Mediaset (telefilm frammisti a cartoni animati giapponesi, terra di grandi eroi dello spazio, di arti marziali ma anche di shotacon). Ecco. E’ in questo quadro che i cosiddetti oppositori del Partito democratico trasformatosi in monocratico di larghe intese, si muovono inorriditi e scandalizzati alla notizia dei nuovi capi di imputazione (concussione e prostituzione minorile) sulle larghe spalle di Berlusconi.

Alla notizia di Ruby, Pierluigi Bersani, nell’ottobre 2010, non esita un attimo: «A casa il Cavaliere e le sue singolari abitudini» poiché «le notizie che emergono da Milano ci dicono chiaramente che Berlusconi non può stare un minuto di più in un ruolo pubblico che ha indecorosamente tradito» (31/10/2010). Infatti, il 7 novembre successivo, proponendo a Fini una mozione di sfiducia all’allora premier, ribadisce che «se vuoi la patente per fare l’uomo pubblico devi essere una persona perbene. Non ci si può dimenticare che una minorenne è una minorenne, anche se non lo sembra, e non la puoi sbattere sulla strada. Non sono mica noccioline queste cose qua: sono idee devastanti» (7/11/2010). L’allora segretario del Pd non ha dubbi: la vicenda Ruby è «una vergogna mondiale i vecchi ricconi con le minorenni». Ecco perché per il segretario democratico «se sopportiamo anche questo il mondo fa bene a vergognarsi di noi» (16/1/2011). Il 19 gennaio 2011 Bersani grida di nuovo al mondo affinché «Berlusconi si liberi, e ci liberi, dall’imbarazzo. Vada a farsi giudicare, si dimetta e affidi il percorso al presidente della Repubblica e al Parlamento se ha un minimo di consapevolezza della situazione», poiché «il mondo ci guarda, allora visto che ce l’ha così intensa, Berlusconi si ritiri a vita privata», perché «non si può vivere in un Paese dove il capo del governo regala 187.000 euro a una minorenne». Infatti, il Pdl crolla dappertutto alle comunali del 2011 costringendo il Pd a prevalere con nuovi sindaci assieme ad alcuni primi cittadini a 5 Stelle. Un allarme per Bersani, che in vista dell’alleanza con Berlusconi attacca la Lega come in una sorta di gelosia: «Dov’è finita la Lega di una volta? Questa Lega berlusconiana a Roma e leghista a casa, dove va? Non si può stare col piede in 2 scarpe» (18/5/2011), quelle che indossa il Pd di oggi.

Enrico Letta non è da meno sulla vicenda Ruby. Appena saputo del rinvio a giudizio di B. per concussione e prostituzione minorile si rivolge ai ai finiani con queste parole: «Ci aspettiamo che gli alleati stessi del presidente del Consiglio vadano a voltare pagina perché dopo questa vicenda le cose non possono restare così». Le dimissioni di Berlusconi, per Letta a capo dell’attuale governo di Latta «dovrebbero essere una cosa naturale» perché telefonare alla questura chiedendo il rilascio di una minore fermata per furto, si espone il Paese «al ludibrio globale».Ad Aldo Cazzullo del Corriere, il 16 gennaio 2011, Letta dichiara che «reato o non reato, un premier non può comportarsi così. E’ esattamente l’opposto di quanto ogni giorno si insegna in qualunque oratorio». L’allora capo del Copasir Massimo D’Alema (che proverà inutilmente a convocare Berlusconi per riferire delle sue telefonate con la prostituta Conceicao mentre è in missone a Parigi in tema del suo stato di sicurezza e di ricattabilità), dichiara: «Questo governo si regge sulla corruzione e sulla menzogna» (6/2/2011). A Milano la campagna per le amministrative di primavera si fa incandescente. Il candidato Lassini che sostiene il sindaco uscente Moratti, fa apporre un manifesto al tribunale di Milano dove inizia il processo Ruby su cui si legge “fuori le Br dalle procure“. Per il responsabile giustizia del Pd Andrea Orlando, le infamie del Pdl a carico dei magistrati di Milano «presentano toni, sintassi e lessico vicini a quelli utilizzati da un’organizzazione terroristica». Anche Dario Franceschini scende nell’arena degli scandalizzati. Bolla la telefonata in questura per la liberazione di Ruby «un intollerabile miscuglio di menzogne e reati inconciliabili col ruolo di premier». Non a caso «in un altro paese il capo di governo che telefona alla Questura si sarebbe immediatamente dimesso» 29/10/2010). Dunque, «se la questura è stata indotta a favorire il rilascio della minorenne su pressioni di Palazzo Chigi allora la vicenda sarebbe incredibile. E avremmo di fronte il segnale di uno spappolamento dello Stato che il potere e la cultura berlusconiani lasceranno all’Italia». Se Berlusconi ritiene con voto in aula che Ruby è la nipote di Mubarak dice «una menzogna aggravata dall’averla detta alla polizia e dal fatto che coinvolge un capo di Stato di un grande Paese come l’Egitto, è assolutamente intollerabile e da sola costituisce un motivo per richiedere le dimissioni immediate di Berlusconi» (Luigi Zanda del Pd 29/10/2010). Per Emanuele Fiano, «uno degli aspetti che emerge dal processo Ruby, è la grande ricattabilità del presidente del Consiglio, di una delle più grandi potenze del mondo, dovuta al suo modello di vita». Ecco perché per l’esponente del Pd, Berlusconi «è un pericolo per tutti». Compreso per le donne del Pd. Quelle di “Se non ora quando?” A cominciare dall’attuale ministro dell’inciucio Emma Bonino, per la quale “il caso Ruby è sotto ogni decenza istituzionale” passando per le prodiane Sandra Zampa e Albertina Soliani «è giunto il tempo che i cattolici si interroghino e domandino verità e trasparenza su questa inquietante pagina di cronaca italiana» (16/1/2011). La presidente del Pd Rosy Bindi mette in guardia il Pd da Berlusconi che se “vuole bloccare i suoi giudici, siamo pronti a fare le barricate” in quanto «per me è assolutamente irrilevante che ci siano reati nel caso Ruby. Ormai le istituzioni sono state ferite». Anche la presidente dei senatori Pd Anna Finocchiaro parla di «grave abuso» per l’intervento di B. sulla Questura milanese. «Deve venire in Parlamento. La sua credibilità personale è quello che è, ma la telefonata alla polizia è istituzionalmente inaccettabile» (29/10/2010). Se di fronte a “ciò che tutti vedono, è un presidente del Consiglio che comunica al Paese che c’è una minorenne in questura ed è in pericolo ed è in agitazione per le conseguenze di un accertamento della polizia, un presidente del Consiglio che mente, che abusa del suo potere e che ancora una volta pensa solo a se stesso” (10/12/2010), noi donne del Pd «non possiamo tacere. Troppo forte è l’umiliazione e insopportabile la mortificazione che nasce dalle cronache delle serate ad Arcore» (19/1/2011).

Insomma, gli oppositori di quello che fino a quel periodo si era rivelato soltanto un banale corruttore di giudici e di testimoni, si ritrovano alleati di un vecchio concussore pederasta e puttaniere. Talmente impresentabile da indurre l’eterno ritorno di Walter Veltroni, creatore del “nuovo manifesto” (23/1/2011) salutato con queste parole: “Diventermo il primo partito“. Chi l’avrebbe mai detto che intendeva dire “tra 2 anni saremo alleati di governo in un governo di servizietti a larghe intese?” Quel Pd che se la intende largamente con Maurizio Paniz, per il quale «Berlusconi credeva che fosse stata fermata la nipote di un importante capo di Stato» (Mubarak).

Nell’attesa che il processo Ruby-bis dia degno destino a Lele Mora, Emilio Fede e alla porno-suora Nicole Minetti, i primi due accusati di “incanalare” le ragazze in vendita nei baccanali di Arcore per finire sui canali tivù del Drago (trasposizione di pederasta contrapposta al pedofilo solitamente definito “orco”), il neopiddino deputato Roberto Speranza, è tra coloro che si è offerto come i vermi in pasto ai pesci per essere digerito con l’inciucio dagli elettori del Pd. Per la vicenda Ruby all’epoca delle largje intese “Bisogna separare la giustizia dalla politica” . Gli dà ragione il ministro dei servizietti Franceschini, secondo il quale l’inciucio odierno fra avversari, serve a colmare il fallimento delle politiche passate “allo scontro perenne“. Ecco perché “le vicende processuali non devono più interferire con quelle politiche” (15/5/2013). Infatti, l’odierno Pd di Renzi e Civati al governo col Pdl, è un tutt’uno con un corruttore-evasore fiscale-puttaniere e pederasta interdetto a vita. La sinistra italiana ne va orgogliosa. Il Movimento 5 Stelle si prepari a governare.

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