Fa sorridere leggere sui giornali i commentatori da strapazzo che soltanto ora scoprono gli effetti della crisi finanziaria che qui in rete discutiamo fin dal 2007, un anno prima che fallisse Lehman Brothers. Solo che qui in Rete non ci davano retta, o al massimo ci sbeffeggiavano eleggendoci a rango di riottosi devoti all’antipolitica. Oggi, invece, i commentatori da strapazzo arricchiti dai fondi pubblici all’editoria coi quali si sono messi il fieno in cascina, discettano scenari apocalittici nostalgici di quel dorato mondo del capitalismo criminale che li ha fino ad oggi foraggiati. E’ impossibile fare ordine nell’escalation di titoli e frasi a effetto che troviamo sui giornali. Possibile, quantomeno, cogliere il succo di alcuni corsivi che ormai sono divenuti copertine a tiratura quotidiana. Da Eugenio Scalfari che monita “adesso i nodi vengono al pettine tutti insieme e questo è un grosso guaio” a Ernesto Galli della Loggia che scopre “I governanti del nulla” dopo il flop dell’incontro tra la Merkel e Sarkozy all’Eliseo per tentare invano di drogare la speculazione in Borsa. Dunque, se Federico Rampini liquida il summit come “Fine dei miracoli” c’è pure chi, col gioco del serpente incantato, cerca di distrarre dalla realtà col fantasma dei soliti comunisti. A tal proposito “Il Giornale” di Berlusconi ha truccato a tutta pagina “Belpietro comunista“. Ma l’autunno nero della disoccupazione incombe, checché milioni di italiani rientrino dalle gite fuori porta sintonizzati su Isoradio che li distrae con le canzonette di Pupo e inviti alla prudenza dalla voce di Gigi D’Alessio. Sono, siamo i proletari tecnologici distanti anni luce dai capitali nascosti all’estero da scudare per la seconda volta da donare alla causa dei miliardi necessari alla manovra finanziaria e per tenere lubrificato il buco del culo del Vaticano. Siamo quei bamboccioni buontemponi che Piero Ostellino, proponendo “La cura dimagrante allo Stato” annovera tra i “Non siamo mai stati tanto liberi e non abbiamo mai goduto di condizioni di vita tanto buone grazie alla democrazia liberale e al capitalismo“. Un pensatore liberale tanto al chilo Ostellino, che vede ancora il colpo di coda dei comunisti se “qui, con la crisi, sono in ballo la legittimità e la credibilità dello Stato democratico.” Ma siccome la vita continua anche domani (in Borsa) eccoci al “Manuale per i risparmiatori al tempo della crisi” con occhio di riguardo agli “Eurobond ultima trincea contro il collasso dell’euro“. Che per Lucrezia Reichlin, in prima pagina “non ha sbocchi” nonostante Giuseppe Sarcina rimpianga “La crisi del sogno comunitario“. C’è poco da ridere se nel bordello delle distrazioni italiche, c’è chi sbatte in prima pagina “Il Bocchino tra Bega(n) e Silvio“. Del resto anche il relitto che rimane di Umberto Bossi affastella le pensioni sull’“Italia finita” per addossarsi il demerito dell’imminente secessione naturale dell’Europa. Quella che per Aldo Schiavone è in prima pagina “la nuova epoca che mette a rischio il principio di sovranità degli Stati“, benché per Massimo Gaggi “tutto era già scritto in questa crisi finanziaria di violenza inaudita“. Dunque, se non è più antipolitica per i commentatori da strapazzo parlare di “benzina finita“, riservano barili di saliva per le natiche dei “ministri stremati e i leader increduli davanti al mancato ritorno ad una fase espansiva del ciclo economico“. Alla fine la raccomandazione di Gaggi è più terra terra: “Meglio attrezzarsi per la lunga traversata del deserto” in vista di “un numero elevato di default“. Eccolo il velo tolto dall’ipocrisia delle analisi tanto al chilo che negli ultimi anni hanno cercato di moderare le opinioni perdendosi in lunghe seghe tra Berlusconi, Bossi, Tulliani, Israele, Hamas e decreti fasulli sulle intercettazioni. Non si sa se ridere o piangere di fronte al piagnisteo che Massimo Mucchetti rivolge in prima pagina a Sergio Marpionne per “quest’l’Italia messa male, ma la Fiat peggio” mentre Angelo Panebianco scopre i “Troppi veti che minano l’economia“. La banda di B. sembra dargli retta rispolverando i vecchi decreti Bersani del defunto governo Prodi nel 2006: orari e licenze libere per negozi e taxi e la marxista-leninista tracciabilità dei pagamenti oltre i 2500 euro. Per Pisapia Expo si farà ma soltanto grazie alla crisi si ridurrà a una sorta di sagra del salame con 4 bancarelle. Alla fine della fiera ben poco farà la Tobin tax, che i vacanzieri della domenica confondono con una gabella alle lotterie. Quelli che hanno voltato le spalle al meeting di Cl di Rimini e al fattucchiere Formigoni, che in sollucchero di fronte ad Andrea Senesi per l’illusione che diventi premier, si augura una “scossa perché il mondo sta cambiando e questo mutamento è epocale“. Altro che Parlamento dimezzato, marcia su Roma dei minicomuni e autoblu da far sparire. Troppo tardi. Chi può voli in Qatar o negli Emirati Arabi. Paesi d’oro. Non solo nero. Lo dicano, i commentatori da strapazzo. Sempre che i corsivi non li stiano già scrivendo da là.