Prima di dire la mia sul caso, complimenti all’hotel Colbricon di San Martino di Castrozza per l’enorme pubblicità che sta riscuotendo dai giornali a causa di una presunta discriminazione ai danni di un disabile.

Nel merito della vicenda, non sappiamo quanto quel ragazzone di 24 anni abbia disturbato i commensali durante il pranzo. Certo è che se l’albergatrice Isabella Doff si è spinta a chiedere alla famiglia di traslocare in una saletta a parte, senza che nessuno abbia battuto ciglio, beh forse qualche motivo plausibile ci sarà anche stato.

Probabilmente l’albergatrice avrebbe potuto evitare di chiedere di cambiare tavolo durante il pranzo e aspettare la cena successiva, in modo da non dare platealità al gesto comunque imbarazzante, di far alzare due genitori disgraziati da una terribile sorte come quella di dover accudire un figlio in quelle condizioni.

Poi, resta chiaro che di default non c’è nessuna discriminazione contro i disabili, anzi. Sempre ché la loro presenza non intacchi la quiete di chi, come nel caso dell’hotel in Trentino, ci va in cerca di relax lontano dai problemi di tutti i giorni.

Se, come ammette Cecilia Bonaccorsi, mamma del disabile – al Corriere – quel ragazzo talvolta “urla”, forse doveva essere premura di quegli stessi genitori garantire relax agli altri, chiedendo anzitempo un posto appartato per far fronte alle loro incombenze.

Considerando che al disabile non cambia nulla sedersi spostato, mentre invece cambia molto per i clienti e per la quiete che l’hotel vuol garantire.

Il senso del limite alla sopportazione ha le sue regole e le sensibilità altrui vanno rispettate. Senno dovremmo far finta di niente anche di fronte al disabile che si fa la popò addosso. E non mi pare. Anzi, mi pare che la policy di una struttura ricettiva debba costituire la linea da non contestare.

Regola che vale anche per Gramellini, che col culo al caldo dal Corriere gli viene facile pontificare. Vorrei vedere cosa direbbe se avesse accanto alla sua scrivania un disabile che urla ogni volta che si deve concentrare a scrivere le sue giaculatorie moraliste in prima pagina.

Dunque, tutte le ciance sull’inclusione mi pare che nel contesto dell’hotel Colbricon non c’entrino nulla. Anzi, rivolgersi al tribunale per pretendere sia riconosciuto un inesistente reato di “segregazione” non farà altro che portare pubblicità alla struttura ricettiva.
Per ora – quindi – piena solidarietà all’albergatrice trentina. Faccia tesoro della pubblicità di questi giorni e continui a garantire uno standard di servizio senza badare alle chiacchiere. Che in Italia tutto siamo, fuorché discriminatori.

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