Scena: in Aula il ministro Maria Elena Boschi si salva dalla mozione di sfiducia dei 5 stelle, sgranando la sua patetica recita sul conflitto di interessi che la inguaia assieme al suo babbo, vicepresidente di Banca Etruria, spolpata da un manipolo di delinquenti che hanno lasciato i risparimatori con le pezze al culo. La senatrice 5 stelle Serenella Fucksia plaude su Facebook: «Possiamo dire, al di là di tutto, che questo discorso merita gli applausi di tutti?». Come no! Vallo a dire ai simpatizzanti grillini che quello è «un giudizio obiettivo su un discorso che ho apprezzato per chiarezza, misura ed eleganza. Una immagine positiva: in un Parlamento a volte pieno di scalmanati che si insultano, lei è stata sui fatti». Serenella è fatta così. Ama la ribalta ribaltata, e non perde occasione per cercare di farsi espellere dal Movimento. Il suo sogno? Essere epurata e accolta nel Pd come agnello (o capra) sacrificale. Da quando è arrivata in Senato, nel marzo 2013 grazie a Grillo, si è distinta in più occasioni. Arrivò in ritardo per il voto sull’espulsione del condannato Silvio Berlusconi (si era incantata alla bouvette). Si oppose all’impeachment per Giorgio Napolitano in quanto “i pilastri su cui si regge sono deboli“. Si fece paladina della causa persa di Laura Boldrini quando Grillo postò il video satirico dell’autista che sfotteva una sagoma di cartone raffigurante la presidente della Camera. Quando il Movimento boicottò le finte consultazioni di Napolitano per portare Renzi a Palazzo Chigi, Serenella tuonò: “Sbagliato!“. Ebbene, quando Renzi s’infilò a Palazzo Chigi senza nemmeno un voto e carico di balle stratosferiche, Serenella si disse favorevole all’approccio “laico” col Pd, sognando un esecutivo coi dem: «Chi vivrà, vedrà…“, sussurrò. Del resto, parrole sue, “Dobbiamo essere contro Renzi a prescindere ma io su molti temi la penso come lui“. Infatti, piuttosto che votare contro il buffone di Rignano, preferì astenersi sul voto al Jobs act, del quale «condivido quello che c’è nella delega parola per parola, è l’unica cosa che Renzi ha fatto bene. Il Movimento, in questo caso, non ha fatto un buon servizio ai lavoratori». Oggi sappiamo cos’è stato il Jobs act: è costato 3 miliardi di euro per aver prodotto 2 mila posti di lavoro.
Ma Serenella è fatta così. Rivendica la libertà di polemizzare alla “Fassina chi” nei 5 stelle lanciandosi in lodi sperticate al Pd Roberto Giachetti per aizzare i commenti acidi degli attivisti, e ricordare che «non ho motivo per uscire dal Movimento, ma non mi va nemmeno di andare avanti così all’infinito». Ecco l’invito: buttatemi fuori! Sul ddl delle unioni civili della Pd Cirinnà, Serenella è riuscita a presentare emendamenti ritirati dai 5 stelle in quanto “esprimono posizioni personali non in linea col Movimento“. C’era da votare a favore dell’arresto del senatore Ncd Bilardi coinvolto in Rimborsopoli? Serenella era “l’incertezza in casa grillina perché ha voluto consultare gli esperti giuridici del suo gruppo“. Che tradotto, significa un paziente lavoro di chiarimenti da parte del senatore Giarrusso che si sarebbe volentieri risparmiato. Sarà cattiva fede? Eppure proprio Serenella non escludeva che «nel Movimento ci siano persone in cattiva fede», a proposito del senatore Vacciano, quello che votò a favore dell’elezione di Piero Grasso alla presidenza del Senato. Serenella è fatta così. E’ tutta un volemose bene appassionatamente e mescolati, senza espulsioni. Infatti, s’immolò per la senatrice Adele Gambaro, espulsa per il suo sfogo in tv contro Grillo “reo dello scarso successo al voto delle comunali”. Serenella non votò l’espulsione lamentando le poche ore concesse alla consultazione “adatte solo ai fanatici della rete perché io lavoro“. Poi cambio di parere: “L’espulsione della Gambaro è stata una vittoria” perché “alzare il livello dello scontro non paga“. Infatti oggi i 5 stelle sono dati al 30%. Mentre il meet-up della sua città, Fabriano, l’ha già sfiduciata da un pezzo, Serenella riaccoglierebbe nel gruppo grillino Mastrangeli.
Proporrebbe un restution day con la cifra totale senza badare a chi restituiva di meno. Era lei che lamentava “problemi tecnici” nella rendicontazione, evidentemente perché «tutti in Parlamento sempre», non dava tempo di rendicontare. Serenella lo ripete spesso: “Non ho paura di essere cacciata“. E’ quello che vuole da ormai 3 anni, visto che non ha altre strategie per farsi notare da giornali e tivù. Quelle che «Per politica della passerella in tv deve andare solo il pool di eletti? Se dobbiamo essere tutti fighetti costruiti alla DIBA (il più amato dalle italiane, il santo subito…) allora noi siamo più adatti per Mediaset che per le piazze e la gente!». La stoccata al DIBA, è una vendetta contro il deputato del direttorio che non se la filava fin dai primi tempi in cui per Serenella il DIBA era bravissimo. Oggi è perentoria: I “divi” del direttorio offuscano i contenuti di un Movimento in cui «così è tutto pilotato» da una comunicazione di Casalino, arrivato lì “per una ‘botta de lato B” e di una Loquenzi “con una carriera lampo degna di Speedy Gonzales. Su un’isola avrebbero cornice adeguata“. Se ci aggiungiamo che per Serenella, il candidato sindaco di Bologna «Bugani è una persona inadatta», capiamo i cosiddetti commenti poco misurati su Facebook a lei rivolti: Le scrivono «indegna senatrice quando te ne vai?» o «quanto ti pagano?». La risposta? «Commenti inopportuni, che, quando non sono attacchi strumentali, sono frutto di un fanatismo da contenere». Eccola qua la senatrice del controsenso, segatrice di consenso. Fassina le fa una pippa (Civati).