davide bifolco morto
Davide Bifolco

A Napoli un ragazzino incensurato e disarmato muore per un colpo di pistola sparato da un Carabiniere. Il ragazzino era bordo di un motorino non assicurato e senza casco assieme a due amici che non avevano obbedito all’alt degli agenti. Nel quartiere del ragazzino è rivolta contro le forze dell’ordine. Vengono sfasciate alcune “Madame”. I parenti parlano di omicidio di Stato. Il sindacato di Polizia parla di tragedia avvenuta in un quartiere difficile e ad alta densità camorristica. Inizia la gara di maratona tra innocentisti e colpevolisti. Il percorso delle analisi si fa in tivù, tra cittadini, politici, sindacati e la vedova di un agente morto ammazzato in uno stadio durante una partita di calcio. Ognuno dice la sua, compreso il sindacalista delle forze dell’ordine, che “assolve” il delitto dell’agente. Sparare è stata l’inevitabile risposta a una fuga. L’indirizzo del dibattito televisivo è chiaramente innocentista e giustificazionista di quella che certamente è una tragedia nelle mani della magistratura.

Il mio parere, lo ribadisco per quanto poco possa contare, è che non ci sono motivi che giustificano la morte di un cittadino disarmato da parte delle forze dell’ordine. L’agente armato col colpo in canna dovrebbe avere alle spalle molte ore di esercitazione e dovrebbe sapere che per sparare ad altezza uomo, ci vogliono le condizioni di legittima difesa nel caso ci si trovi di fronte a qualcuno a sua volta armato, o in partcolari condizioni di pericolo come quando ci sono ostaggi sotto minaccia. Rincorrere un motorino con a bordo 3 ragazzotti maleducati nel tentativo di prendere un latitante, è un lavoro nobile che nessuno critica. E’ il lavoro delle forze dell’ordine tutte che, quando s’arruolano, sanno di non andare a lavorare l’uncinetto. Bensì, sanno che vivranno in situazioni di costante pericolo, né più né meno di quegli operai che lavorano sospesi in altezza nei cantieri, dei camionisti a rischio di rapina o incidenti, e di molte altre categorie professionali dribblate dal clamore mediatico.

Ma con una differenza: che gli agenti in divisa rappresentano lo Stato. Quell’entità sovrana che negli occhi di chi vive la fame come in certi quartieri di periferia devastati dalla crisi economica, è un blob indistinto di farraginosa burocrazia forte coi deboli, oltre che un covo di  privilegiati scudati proprio da quelle divise. Le divise in Italia, purtroppo, vengono viste come pali di un’istituzione che pullula di personaggi non proprio esemplari in tema di legalità, di rispetto delle regole e di reputazione. Al contrario, lo Stato inteso come istituzione politica è spesso rifugio di indagati, condannati e delinquenti passati in giudicato che si trincerano dietro il cosiddetto consenso popolare. Sta proprio qui il nocciolo della questione delle fughe. Forzare un posto di blocco è una ragazzata che non si fa soltanto a Napoli, ma è purtroppo una pessima abitudine diffusa in molte parti d’Italia. E’ una forma di pirateria grave, uguale a quella che commettono certi automobilisti che scappano dopo aver investito qualcuno, o dopo aver provocato incidenti.

Del resto, la maleducazione e il non rispetto delle regole in Italia, sono il prodotto di un Paese eternamente in deroga che riserva un codicillo o un comma per tutti. I governi degli ultimi anni, soprattutto quelli di epoca berlusconiana, hanno il maggior peso di responsabilità in tutto questo. Ecco perché non ha senso prendersela con la maleducazione dei genitori del quartiere Traiano di Napoli che non insegnano ai loro figli di rispettare i posti di blocco. Non ha senso perché gli esempi che hanno dalle istituzioni non sono educativi. In un quadro di un Paese così disastrato, gli agenti che rappresentano lo Stato, che ammanettano e usano le armi per legge, hanno una responsablità in più rispetto ai delinquenti che rincorrono. Proprio perché tutori dell’ordine e della legalità, non si possono permettere colpi di pistola accidentali. Dunque, se un agente commette l’errore di ammazzare un cittadino inerme, dovrebbe essere sottoposto alla giustizia ordinaria e condannato in egual modo a un cittadino senza divisa. Invece, in Italia, nel Paese delle deroghe e dei codicilli, gli agenti che vengono condannati per omicidio, solitamente lo sono per omicidio colposo che scontano all’acqua di rose. Un esempio su tutti? I tre assassini in divisa condannati a Trieste per aver macellato in casa sua Riccardo Rasman, se la sono cavata con sei mesi con la condizionale e, cosa gravissima, hanno continuato a fare gli agenti in un’altra città. Sono stati trasferiti e non sbattuti fuori dal Corpo. Sorte simile è toccata agli esecutori di Federico Aldrovandi e pure ai macellai del G8 di Genova.

Dunque, l’esame del caso per caso, dovrebbe imporre il buonsenso di perseguire le persone in egual modo, proprio per tutelare il prestigio delle categorie professionali che rappresentano, senza rischiare di prestare il fianco alle polemiche sulla solita casta. A Napoli è morto un minorenne incensurato e disarmato per opera di un agente in divisa che non si può assolvere. Va perseguito, condannato e sbattuto fuori dall’arma senza se e senza ma. Andasse a fare l’uncinetto.

7 pensiero su “L’omicidio di Stato non è giustificabile”
  1. MARTINELLI,stai tranquillo che grazie a voi filo-europeisti amici degli speculatori della finanza e di istituzioni pilotate da banchieri criminali(delle quali non parlate mai per ovvi motivi)il trattato di velsen prevede lo scioglimento dell’arma a favore della EUROGENDFOR,esercito europeo intoccabile da tutte le istituzioni e che non risponde per danni a cose o persone,il tutto per gestire una crisi pilotata per scopi ben precisi.
    in quanto a questa “notizietta”di cronaca,fossi io il carabiniere avrei scaricato tutto il caricatore direttamente,dato che per 2000 euro al mese la vita non la rischio,e chissà perchè sempre a napoli succedono queste cose…il regno della delinquenza e dell’inciviltà!…vergognatevi ed imparate a stare al mondo!

  2. Martinelli ti ringraziamo che non ti dimentichi di Riccardo Rasman, ma se ne parla sempre poco , una morte assurda una sofferenza senza fine , verso un innocente Riccardo non ha fatto niente ma niente … anche se abbiamo persentato perizie su perizie i giudici ci hanno risposto chè è innammissibile voler approfondire i fatti . Questa è stata la risposta ultimamente dalla Cassazione . PER NOI FAMIGLIA è INNAMISSIBILE QUELLO CHE HANNO FATTO !!!! E CHE NON VOGLIONO CHIARIRE IL PERCHè MA COPRIRE IL TUTTO… cosi’ ci hanno dato conferma che scotta e che è meglio far in modo di tacere …

  3. Mio padre (ex carabiniere, non di ruolo) mi diceva sempre che se non mi fermavo ad un posto di blocco i carabinieri erano autorizzati a sparare.
    Come fa, un carabiniere o poliziotto a sapere se si tratta di una bravata o di veri delinquenti? Puoi essere addestrato quanto vuoi, ma se vieni chiamato a svolgere un compito secondo me è giusto portarlo a termine fino in fondo e seguendo le regole. Ce ne sono già troppi che vengono pagati per non lavorare (come i governanti di cui parli) o, peggio, per rubare e dare pessimi esempi. Se poi ci si mettono anche le forze dell’ordine allora è proprio finita.
    La verità è che si tratta di un lavoro ingrato: se rispetti le regole rischi di ammazzare innocenti, se lasci correre allora autorizzi ogni buffoncello a prendere per il culo una istituzione sminuendone il valore.
    Il tutto per 2000€ al mese.
    Chi glielo fa fare?
    Allora aboliamo l’Arma e le altre forze dell’ordine e vedetevela da soli.

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