Eccoci giunti alla vigilia dei 33 anni della strage alla stazione di Bologna. I fatti e la storia di questo eccidio non si scalfiscono nel tempo. Rimangono memoria mummificata tra le pagine nere di questo disgraziato Paese. Una bomba nascosta in un bagaglio lasciato incustodito nella sala d’attesa esplose alle 10:25 del mattino: uccise 85 persone e ne ferì altre 200. In galera a scontare l’ergastolo come esecutori dell’attentato, ci sono i neofascisti Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, mentre l’ex commendatore capo della Loggia P2 Licio Gelli, l’ex agente del Sismi Francesco Pazienza e gli ufficiali del Sisde Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte vennero condannati per il depistaggio delle indagini. Esattamente come per le bombe ai giudici Falcone e Borsellino, mancano all’appello i mandanti della strage di Bologna. A poco nulla finora sono valsi gli appelli per riaprire le indagini su quell’attentato, soprattutto ora che è morto Francesco Kossiga, ministro dell’Interno dell’epoca. Appelli dell’associazione familiari delle vittime di Bologna, che ogni anno scendono in piazza a Bologna per commemorare quel 2 agosto 1980. Il loro presidente è Paolo Bolognesi, uno che non le manda certo a dire quando si tratta di sollecitare le istituzioni a far luce sui mandanti.
Ogni anno Bolognesi è su quel palco, che negli ultimi anni è stato bersaglio di fischi e contestazioni. Non si è salvato nessun berlusconiano lì, in quella piazza antistante la stazione: da La Russa a Bondi, dall’ex ministro Rotondi all’ex ministro Tremonti, passando per i deputati locali Bernini e Cazzola. Quando nel 2010, l’allora commissario prefettizio Anna Maria Cancellieri decise di evitare interventi di deputati e ministri Pdl su quel palco, Bolognesi dichiarò che «In realtà, il governo non partecipa alla cerimonia non tanto per i fischi, quanto perché Berlusconi non accetta che si parli di P2 e di segreti di Stato». Berlusconi e i berlusconiani, per i familiari delle vittime della strage di Bologna, sono ritenuti becera espressione di servilismo nei confronti di quel Berlusconi capo di governo, che nella P2 era iscritto al numero 1816. E, dunque, ipocriti complici del silenzio di quella «bomba fascista» piazzata da Mambro e Fioravanti, che per Bolognesi sono «gli ergastolani più agevolati nella storia criminale del nostro Paese». Non a caso l’officiante unico di quel rito ha ribadito che l’arresto di Flavio Carboni nell’inchiesta sulla P3, è un «inquietante crocevia di questa espressione criminale che dimostra l’attualità di quelle alleanze» (2010).
E che dire di Cossiga, che per Bolognesi “dava più fiducia ai terroristi che ai giudici”, mentre per la Cancellieri fu «un uomo notevole e straordinario, gioia dei giornalisti quando lo ascoltavano». Una convivenza spinosa quella dei due nel capoluogo emiliano, non priva di pungenti polemiche, dato che ancora l’anno scorso, da quel palco, Bolognesi intimava alla neoministro dell’Interno Cancellieri “Si impegni sul segreto di Stato” giacché Berlusconi non ha mantenuto le promesse fatte nel giorno della memoria di tutte le vittime del terrorismo a maggio, quando «disse che avrebbe aperto gli armadi della vergogna per andare fino in fondo alle responsabilità».
Ebbene, oggi, alla vigilia di quei 33 anni dalla strage, la storia e la memoria continuano a non scalfirsi. I partiti invece cambiano, gli inciuci si evolvono e i politici si mescolano in una brodaglia di ipocrisia senza scrupoli. Alla vigilia del 2 agosto 2013 la Cancellieri è diventata Guardasigilli del governo Letta e Bolognesi fa il parlamentare del Pd del governo Letta. Quello alleato con la P2 e coi fascisti. Bolognesi è lì in mezzo, tra loro, quatto quatto, e giustamente preoccupato alla vigilia di questo 2 agosto, che “arriverà a ridosso della sentenza della Cassazione su Berlusconi, non vorrei che a Bologna ne approfittassero per contestare noi”. Una bella virata per il presidente delle vittime della strage di Bologna! Colui che chiede il reato di depistaggio. Per ora può cercare di depistare indenne la questione, ben sapendo che Bologna dovrà indignarsi per l’insano inciucio del Pd col partito della P2 prima che dello scontato esito della sentenza a carico di Berlusconi. Davvero irriconoscibile il Bolognesi del 2013, quando dice che eventuali contestazioni «legate alla sentenza non avrebbero niente a che fare con chi morì il 2 Agosto». Vien quasi da ridere ricordare quando Bolognesi diceva all’ex deputato Cazzola del Pdl che «i fischi non sono venuti da nessuno dell’associazione». Domani, forse, sarà la volta buona. L’onorevole del Pd Bolognesi si porti i tappi, e speri che non gli arrivi qualche torta in faccia, visto che la memoria non si scalfisce. E Bologna, lo sappiamo, ha una memoria di ferro.