Incastonare il «Sole delle Alpi» coi soldi dei cittadini nella piazza centrale di Cividate al Piano non è reato. In questo paese bergamasco al confine con la provincia di Brescia, secondo il gip di Bergamo Tino Palestra, non c’è stato nessun abuso d’ufficio come invece prospettava il pm. Il sindaco Luciano Vescovi sarà contento assieme alla Lega nord. Inutili, dunque, le 500 firme raccolte dal Comitato “Amici della Piazza” che fece un esposto in procura a Bergamo sull’onda dei soli padani rimossi alla scuola di Adro (15 chilometri da qui). A conti fatti, l’incastonatura del sole padano nella piazza di Cividate, è costata 1.270 euro. La consulenza dell’architetto incaricato dal pm è costata di più: 1.470 euro. Nelle motivazioni dell’archiviazione, si notano delle sonore stoccate al primo cittadino. Si legge che nonostante la memoria «ponderosa» presentata dall’amministrazione comunale con un saggio storico-architettonico per sottolineare la neutralità del simbolo, «per non dire universale di quanto non creda chi vi legga soltanto uno dei possibili segni distintivi della Lega Nord», secondo il giudice si tratta di materiale «pregevolissimo e culturalmente di grande interesse» ma non per le ragioni del sindaco. Bensì, del contrario: «Non voleva certo infondere nei cittadini il segnale di appartenenza ad una vastissima comunità culturale “alpina”, promuovendo Cividate al ruolo di piccola Engadina della Bassa, ma — ragionevolmente fuori ogni dubbio — lasciare un segno tangibile del governo della Lega».
Il giudice riconosce, dunque, la volontà di dare un segno “politico” alla piazza comunale, sottolineando che «nessuno riuscirebbe a far passare una decorazione a svastica per un semplice richiamo alla culla himalayana della civiltà indoeuropea». Quanto alla figura di Alberto da Giussano, Palestra scrive che «La comunità legnanese ha potuto installare 100 anni fa, a ricordo della famosa “battaglia”, quella statua con la spada guainata che — oggi — sarebbe politicamente improponibile». E ribadisce che «il sole resta un segno di sicuro rilievo politico, come quei famosi cartelli stradali “Bèrghem” (costati a loro volta ai cittadini per l’installazione, la rimozione e pure per la reinstallazione)». Censure politiche, penalmente incensurabili, «per la modestia del rilievo economico e per la mediazione culturale che toglie ogni carattere di protervia a quello che è anche un simbolo ideologico».
Diversamente andò l’anno scorso nella vicina Adro, dove un’ordinanza del tribunale di Brescia impose all’amministrazione comunale di rimuovere a proprie spese tutti i 700 soli padani affissi nella scuola cittadina che erano costati molto più di mille euro. Ivi compresi i due soli disegnati sul tetto dell’edificio che si trova esattamente sotto la traiettoria di decollo e di atterraggio degli aerei provenienti o diretti all’aeroporto di Orio. Che la piazza del Comune sia un luogo meno influenzabile di una scuola? Vai a capire i giudici…
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