Flavio Carboni

Gli atti parlamentari della Commissione d’inchiesta sulla P2 risalenti al 1981, di Flavio Carboni dicono così:

Flavio Carboni era un esponente del mondo dell’economia nell’ambito delle costruzioni e dell’editoria ed era soprattutto un faccendiere degli affari illegali di Roberto Calvi. Era in contatto con Claudio Vitalone e con il fratello Wilfredo e si era interessato con Benito Cazora per la liberazione di Moro. Era in contatto con i maggiori esponenti della banda della Magliana e con Giuseppe Calò, con cui aveva fatto affari in Sardegna“;

Un appunto del Sisde del 1982 dà  il seguente ritratto a Flavio Carboni: “Elemento assai scaltro, intraprendente, affarista ed opportunista, capace di ricorrere a qualsiasi espediente pur di trarre vantaggi morali, economici e finanziari. Ben introdotto nel sottobosco politico-economico, non tralascia occasione di sfruttare a proprio vantaggio qualsiasi amicizia o situazione anche di compromesso, ricorrendo se necessario ad ambienti equivoci, delinquenziali e truffaldini. Cinico e calcolatore, risulta impegnato in diverse attività  che lo vedono al centro di speculazioni spesso poco chiare e pulite”.

Emigrato a Roma nel 1955, dopo qualche anno di servizio al Ministero della P. I., Carboni tornò in Sardegna per darsi, con l’appoggio delle sue nuove conoscenze, ad una frenetica attività  speculativa, caratterizzata – si legge in un altro appunto del Sisde – “da emissione di assegni a vuoto, truffa e corruzione”. Questo, secondo la stessa fonte, il suo metodo: “Dopo aver individuato le aree ritenute interessanti contattava i proprietari mediante ‘mediatori’ di sua fiducia. Raggiunto l’accordo, stilava con le parti il relativo compromesso ed emetteva a titolo di caparra assegni post-datati, nella quasi totalità  risultati poi a vuoto. Immediatamente dopo il compromesso, presentava ai competenti comuni progetti di lottizzazione che, evidentemente con compiacenza non disinteressata, venivano approvati anche con indice di edificabilità  superiore a quello previsto. Fatto ciò, anziché stipulare l’atto pubblico per acquisire la piena proprietà , depositava presso le competenti conservatorie immobiliari ‘citazioni giudiziarie’ per adempiere agli obblighi sanciti con i compromessi. Riusciva così non solo a costringere i proprietari a concludere gli affari a prezzi inferiori, giacché gli assegni risultavano a vuoto, ma anche ad evadere il fisco eliminando un passaggio intermedio della proprietà â€.

Era nota e assai apprezzata, nell’ambiente, l’abilità  del Carboni nel procurarsi “licenze impossibili”. Nella prima metà  degli anni ‘80, a seguito dello scandalo P2 e la morte di Roberto Calvi, l’attenzione degli inquirenti si concentrò per qualche tempo sulle spa attive in Sardegna nelle quali, accanto a Carboni, erano coinvolti a diverso titolo e più o meno palesemente i personaggi di spicco della banda della Magliana e i loro partners siciliani. Come é stato poi denunciato, però, le indagini non si estesero e non si colse allora (o non si volle cogliere) l’assurdità  insita nel voler credere che progetti imprenditoriali di tale portata fossero condotti nello stesso tempo, nello stesso luogo e su terreni di identica provenienza (per esempio a Porto Rotondo) da un’imprenditoria sedicente “sana” e da imprese mafiose senza che tra di loro sussistessero collusioni e complicità .

Come sappiamo il vecchio volto della p3 Flavio Carboni e il “nuovo” Pasquale Lombardi, sono in carcere dal 15 luglio scorso accusati di associazione a delinquere finalizzata alla violazione della legge Anselmi sulle società  segrete. Ebbene, ora il tribunale del Riesame ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare nell’attesa che si ripronunci, nonostante i 2 siano ancora rinchiusi in cella. I loro difensori giudicano l’accusa insussistente e l’avvocato Renato Borzone, legale di Carboni, ha pure depositato documentazione medica per evidenziare l’aggravarsi delle condizioni di salute del suo assistito in carcere. Si punta sulla solita pietà  nei confronti di chi ha impegnato l’intera propria esistenza a fare affari sulla pelle degli onesti.

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