13 mila quintali di pane al giorno. L’equivalente di due campi di calcio che vengono buttati in Italia. Lo prevede una circolare del Ministero della salute risalente al 2003, ai tempi del Bengodi quando ministro del governo Berlusconi II era Girolamo Sirchia, che impone di smaltire l’invenduto. I supermercati hanno l’esigenza perenne di mostrare i cassoni sempre pieni di pane. Fino a sera tarda, per questioni di marketing. Il problema è che poi tutto quel pane non finisce sulle tavole degli 8 milioni di poveri che vivono in Italia e che il pane non se lo possono permettere. Bensì nell’immondizia, benché sia buono e commestibile. Solitamente viene ritirato dagli stessi panificatori che ogni mattina all’alba fanno il giro dei supermercati a consegnare il pane fresco. Ai panificatori, quel pane avanzato non viene nemmeno pagato come da accordi con le lobby della grande distribuzione che evidentemente hanno ricattato qualche deputato a suo tempo in parlamento per ragioni di interessi di parte. No di certo per ragioni umanitarie o di risparmio.
Una piccola parte di quello spreco colossale di pane viene venduta alle aziende agricole per 50 centesimi al chilo in nero. Lo danno agli animali. Alla gente povera niente. Non ci sono catene di solidarietà che possano intercettare tutto quel pane che teoricamente potrebbe essere ritirato prima della chiusura dei supermercati, o al massimo entro la mezzanotte, allo scattare del giorno, prima che si becchi il timbro ministeriale di pane da rottamare. Qualcuno, isolatamente, si organizza, ma il grosso dell’invenduto viene letteralmente sprecato alla faccia delle mense Caritas che arrivano a spendere anche 4 euro al chilo per comprare il pane di giornata. Il presidente di Assipan Claudio Conti dice che il «25% del pane prodotto viene buttato senza poter fare nulla. Dobbiamo ritirarlo, non ci viene pagato e dobbiamo smaltirlo. Ovvero, lo buttiamo. Perché donarlo non si può. Siamo una categoria ricattata e strozzata. Molti hanno anche paura di denunciare quanto avviene, per non perdere quel cliente grosso e approfittatore che però ti tiene in vita».
Non entro nei dettagli di queste bestialità italiane. Però provo proporre ai ragazzi pentastellati in parlamento di mettere in calendario l’abrogazione, o quanto meno la revisione di quella famigerata circolare del 20 marzo 2003 del Ministero della Salute che impone ai produttori di pane di smaltire entro il giorno l’invenduto. L’attuale ministra della Salute Beatrice Lorenzin, che canta vittoria per il risparmio dei tagli per 10 miliardi agli ospedali (tutti da verificare) promessi dal governo Renzi, potrebbe prendere a cuore la questione e risolverla in breve. Non è accettabile pensare che ogni giorno vadano in fumo 13 mila quintali di pane in un Paese nel quale ci sono milioni di famiglie indigenti. Ho fatto una ricerca di quella circolare sul Ministero della Salute ma non c’è traccia.