Il nostro Paese è flagellato dalla recessione economica, dalla mancanza di denaro in circolo, dai debiti che lo Stato non paga più alle imprese, dall’emorragia di connazionali in cerca di umili posti di lavoro all’estero, dalla corruzione e da una classe politica di pagliacci che cerca nell’affermazione personale una via d’uscita da una disperata prospettiva di insopportabile anonimato. Matteo Renzi rispecchia bene questo modello di italiano. Un sindaco primadonna che si è montato la testa da quando girando qua e là le feste del Pd, tenta di eccitare le platee di anzianotti muniti di pane e salamella, nell’illusione di proporsi come novello leader di un partito rimasto al Novecento. Le sue apparizioni avvengono nei cosiddetti fortini dell’ormai defunta sinistra italiana. Morta assieme alla classe operaia rimasta disoccupata o al massimo con qualche contratto precario.
Vai dove vai, città o quartiere che sia, il Pd, come un virus letale, ha in giro qualche scheletro da camuffare. E’ così che Renzi appare a Sesto San Giovanni, dove gli (ex) operai locali hanno ancora indigesto il boccone di Filippo Penati, l’ex sindaco della segreteria di Bersani finito in merda per un’inchiesta di mazzette ancora in pieno svolgimento. I giornali hanno scritto di “2 mila persone” ai piedi del sindaco di Firenze che vuole portare via i voti ai 5 stelle. Poco male se in realtà i tesseramenti già scarsucci del fu primo partito della cosiddetta opposizione italiana, si sono ulteriormente dimezzati nelle roccheforti emiliane, toscane e pure lombarde (come appunto Sesto) dopo le larghe intese “cool“. Vai dove vai, il Pd nazionale si porta il fardello dell’ex tesoriere Luigi Lusi (che somiglia a Fiorito), finito nei guai per uso e abuso del malloppo di soldi dei cittadini camuffato da rimborso, che il Pd, nonostante le prediche di Renzi, continua a mangiarsi alle spalle degli italiani in crisi. Vai dove vai, in Umbria hanno appena arrestato l’ex governatrice Maria Rita Lorenzetti per “scambi di favori e consulenze al marito“. Vai dove vai, in Abruzzo, l’ex governatore piddino Ottaviano Del Turco ha appena incassato una condanna per tangenti milionarie grazie a “prove schiaccianti“. Vai dove vai in Puglia c’è Gianpi Tarantini, spacciatore di coca e di escort per i momenti “cool” bipartisan, che ha detto ai giudici di aver dato tangenti non solo al Pd Marco Frisullo, ma anche a Michele Mazzarano, altro guru del Pd pugliese. Vai dove vai, in Lazio trovi l’ex responsabile nazionale del Pd Franco Pronzato, consigliere Enac per il trasporto aereo, arrestato per corruzione e frode fiscale per una tangente di 40.000 euro pagata da alcuni imprenditori aeronautici. Vai dove vai, in Campania trovi Antonio Bassolino imputato di abuso di ufficio nel maxi processo sui rifiuti (ormai in prescrizione) e poco più giù, a Salerno, l’incompatibile sindaco Vincenzo De Luca, già condannato per reati ambientali nella comoda veste di primo cittadino e viceministro. Vai dove vai, la Calabria non ha ancora scordato l’ex presidente piddino Agazio Loiero. Suo il record nazionale di indagati e imputati in consiglio regionale a maggioranza Pd. Vai dove vai e in Sicilia non c’è solo il trito e ritrito Mirello Crisafulli che baciava i boss. Del Pd è anche Ciro Caravà, sindaco di Campobello di Mazara arrestato con l’accusa di associazione mafiosa. Ecco, con un Pd nazionale così “cool“, paiono nulla gli ingressi in contromano in autostrada del governatore l(o)gore Claudio Burlando (Pd), che al posto della patente esibiva ai poliziotti il tesserino scaduto da deputato, piuttosto che l’uso della carta di credito dell’ex sindaco di Bologna Flavio Delbono per l’ex Cinzia Cracchi. Fa quasi tenerezza ricordare Piero Marrazzo, martirizzato per il suo debole per i trans. Forse l’unico “cul” suo malgrado rimasto al Pd. Il resto sono soltanto chiacchiere di un personaggio, Renzi, che si presta alla causa per offuscare quello che è davvero il Pd. Un partito di sistema basato sui voti di scambio destinato a finire come il Pdl. Il M5s si prepari a governare.