Secondo un documento ufficiale emesso dal ministro Maroni l’affido di Ruby fu “disposto ed attuato in palese violazione delle istruzioni impartite dal pm presso il tribunale per i minorenni, dottoressa Annamaria Fiorillo, di turno quella notte“. Oggi, tra le 389 pagine con cui i magistrati invitano Silvio Berlusconi a comparire in aula per concussione e prostituzione minorile, é riportato il concitato dialogo tra la pm Annamaria Fiorillo e i funzionari di polizia della questura di Milano decisi a trovare per Ruby una soluzione che assecondasse i capricci del premier corruttore. I passaggi contenuti nei documenti sono importanti perché mettono a nudo la malafede del ministro dell’Interno, quello del partito di Roma ladrona.

Annamaria Fiorillo, nella sua richiesta di intervento al Csm (archiviata) scrive. “Credo nell’utopia. Cambiano gli uomini al potere, cambiano i governi e le istituzioni, ma la legge ci preserva dal caos. E noi magistrati, persone comuni, quando esercitiamo la nostra funzione, siamo i custodi della legge“. La Fiorillo si definisce “un’idealista“. Roba d’altri tempi chiamarla semplicemente dignità , rispetto della verità  dei fatti nonostante Maroni l’abbia pure querelata per aver difeso il proprio ruolo di servitore dello Stato e di cittadina contestando pubblicamente la versione falsa del ministro. Un uomo delle istituzioni che si sminuisce a insetto dello sciame di puttane e puttani in difesa preventiva del sultano puttaniere.

Maroni, nel ruolo di marchettaro romano appoggiato dal girone dantesco di giornali e tivù sempre pronti ad amplificare qualunque bassezza sputata in malafede, é tra i responsabili dell’intimidazione generale cui si sentono sottoposti i cittadini italiani nel loro ruolo di testimoni e di liberi interpreti del pensiero, coscienti di vivere in una Tunisia europea dominata dal potere corrotto e autoreferenziale. In questi giorni le cronache del puttanaio attorno a Ruby e alle sconcezze del presidente dello sconsiglio, pullulano di omissis e di nomi ridotti a semplici iniziali “per privacy“. Si tratta di persone che, al contrario dell’onore e l’orgoglio che dovrebbe pervaderle nell’essere state ospiti di un’autorità  istituzionale come un capo di governo, si vergognano far sapere di aver presenziato nel puttanaio di pericoloso delinquente che detiene il potere, dove capricci e maialate vengono assecondate al di sopra della legge e del pudore in un clima perennemente ridanciano.

Persone abbagliate dal lusso e dalla bambagia del demerito, corrotte nell’animo e nella dignità , poltiglia di una classe fascistocratica a capo di una democra-tura ormai agli sgoccioli, l’unica libertà  che si concedono é quella di intimare ai giornalisti con i quali si confidano di non rivelarne l’identità . Persone che dal mondo nudo e disinibito del bunga bunga passano a quello del burqa burqa, dove il nero non é solo evasione fiscale protetta dalle leggi del sultano corruttore, ma é colore dell’onta e della paura. E’ la tana del segreto e del silenzio, quella che occulta le proprie responsabilità  di cittadini, linfa vitale per il sultano e la sua claque di puttane e puttani. In cui ci sguazza il ministro Maroni assieme a tutta la Lega ubriaca nella sua utopia di federalismo, alla quale mai come ora il burqa della vergogna le va comodo. Ma anche sempre più stretto. Tunisia di Ben Alì docet.

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