200 mila euro utilizzati per finanziare la campagna elettorale del 2005 dell’aspirante senatore all’epoca di Forza Italia, Aldo Brancher, oltre ad ampi e ingiustificabili fidi assegnati senza garanzie a sua moglie.
Aldo Brancher, storico trait d’union tra il piduista e la Lega, é imputato a Milano assieme alla moglie Luana Maniezzo di appropriazione indebita e ricettazione, in seguito alle accuse dell’ex banchiere Giampiero Fiorani, imputato a sua volta nel processo Unipol.

E’ il pm di Milano Eugenio Fusco ad acquisire le prove a carico di Brancher e consorte. Nel filone dell’inchiesta anche il ministro Roberto Calderoli con l’ipotesi di ricettazione, archiviata in maggio dopo che l’uomo porcata ha respinto le accuse.
Fiorani nel dicembre del 2005 dichiara di aver chiesto l’intervento della Lega già  nel 2000 per il sostegno al candidato sindaco di Lodi Massimo Rossi. Per ottenerlo, serviva un fido da 150 milioni di lire. Il tramite tra Fiorani e Calderoli, Aldo Brancher, che in pochi giorni avrebbe comunicato a Fiorani che anziché il fido, “Calderoli preferiva contanti“.
Fiorani incarica il suo fido Silvano Spinelli, che in aula dichiara di incontrare Brancher nell’aprile del 2000 all’autogrill di San Donato Milanese “dove gli consegnai la busta senza che fosse sceso dalla sua macchina. La prese salutandomi.” Replica nel marzo 2005, quando Fiorani mette a verbale che “Brancher in un incontro a Roma, mi fece presente che assieme a Calderoli avevano bisogno di 200 mila euro per la campagna elettorale“. Denaro puntualmente consegnato nelle mani di Brancher a un convegno a Lodi. Se poi, metà  di quella somma sia arrivata a Calderoli non c’é conferma. Come detto, Calderoli, per ora, é archiviato.

Brancher non si presenta all’interrogatorio del 19 aprile 2010. Si fa spedire alla fiera di Hannover dal piduista con una banale scusa di impegno istituzionale. Il 17 giugno si fa nominare ministro del federalismo derubricato al decentramento. Fini non ne sa nulla, la Lega fa il pesce in barile con Bossi, che a Pontida rivendica i poteri sul federalismo e vuole che Brancher sia nominato all’Agricoltura. Il piduista, all’imbarazzo per la nomina del finiano Andrea Ronchi che ne chiede conto, risponde che “Ho deciso di farlo ministro perché é utile che una persona così esperta possa seguire da vicino l’attuazione del federalismo fiscale.” In realtà  Brancher marina l’udienza del 26 giugno con queste parole: “Non ho nulla da rimproverarmi, devo organizzare il mio ministero.

Mentre l’opposizione grida alla vergogna, crescono le pressioni e gli imbarazzi anche con la Lega. Brancher si vede costretto ad ammettere che non sa quali deleghe siano previste per il suo incarico senza portafoglio. Il piduista con la faccia come il c… lo difende ancora: “Contro Aldo stanno mettendo in piedi una polemica assurda, lui é un uomo capace e leale e sa lavorare con spirito di squadra. Per me é stato fondamentale nei rapporti con Bossi.” Che il giorno dopo fa lo scemo per non andare alla guerra fingendo di rendersi conto soltanto allora che Brancher é imputato. “Mi sento truffato” dice Bossi. Per Matteo Salvini a Pontida la vicenda “é una notizia minore, non me ne importa.”
Al coro di no Brancher ministro si unisce Giorgio Napolitano:”Non può avvalersi del legittimo impedimento senza portafoglio“. Misteriosi e incomprensibili i motivi, visto che per avvalersi del vergognoso legittimo impedimento basta essere ministro.
Intanto Bossi, a Paderno Dugnano, aumenta le distanze da Brancher cercando di limitare i danni visto che il nome di Fiorani fa rima con Credieuronord, la banca fallimentare dei leghisti che doveva piacere al partito dell’ex numero uno di Bankitalia Antonio Fazio (imputato assieme a Fiorani).

Brancher, senza pudore, sfora nel patetico: “Qualcuno manovra il Quirinale contro di me, non penso di dimettermi“. Ma ormai la vergogna é pubblica. Parla del destino del suo inutile dicastero “con amici per capire cosa devo fare“. Che evidentemente gli consigliano di gettare la maschera. Passano poche ore e il 26 giugno Brancher ritratta: “Rinuncio al legittimo impedimento ma mi sento preso in giro“. La frittata viene ribaltata. Continua la sua farsa pregando di “prendersela coi mondiali di calcio, non con me“. Gli fa eco Calderoli che incolpa i “poteri forti“. Quindi la promessa di presentarsi in aula il 5 luglio, cioé oggi. Per annunciare le dimissioni ai giudici. Non in parlamento.

Il piduista, dopo una settimana di latitanza in America durante la quale ha attaccato come al solito giornalisti e magistrati, rientra in Italia da ribaltato: “Non serve la mozione di sfiducia delle opposizioni. Brancher si dimetterà  stamane. Condivido la sua scelta (!!)”. La frittata é servita. Colui che lo ha nominato per salvarlo dai processi condivide l’invito a levarsi di mezzo. Fini, che finalmente invoca un po’ di legalità  nel Pdl si becca del traditore. Non da un balordo qualunque! Bensì dal piduista impunito, prescritto autoassolto e imputato di corruzione in atti giudiziari e appropriazione indebita in 3 processi: il disonorato presidente del consiglio del governo italiano.

Un pensiero su “Le dimissioni di Brancher. In tribunale!”

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