Si può che un pasto completo per un detenuto in carcere costi meno di 3 euro?
Questa curiosa domanda se l’è posta l’ANAC, l’autorità nazionale anticorruzione, che in tre mesi di indagine sugli appalti delle mense nelle carceri della Campania, dice che sono emerse molte irregolarità.
L’indagine riguarda anche le carceri di Roma sulla qualità del cibo fornito, che risulta addirittura diverso da quello previsto nel capitolato.
Per non dire in Emilia Romagna, dove il Tar ha annullato gli appalti affidati alla ditta Domenico Ventura srl in ben 8 penitenziari della Regione.
L’azienda è una sorta di colosso nel settore del rifornimento dei pasti ai detenuti in Italia. E’ gestita dai fratelli Umberto e Achille Ventura (foto), quest’ultimo ex campione di moto d’acqua al vertice della Federazione Italiana Motonautica ed ex presidente del Circolo Canottieri Napoli.
Sono loro i monopolisti del vitto e del sopravvitto acquistabili nelle carceri. Hanno centinaia di dipendenti e detengono svariate decine di appalti con un fatturato da 30 milioni di euro all’anno.
Una cifra monstre che stride di fronte a ciò che riescono a fare. Fino a poco tempo fa fornivano colazione, pasto e cena a un detenuto a 2 euro e 39 centesimi. Una cifra incredibilmente piccola da poco aggiornata a 3 euro e 90 centesimi. Che resta sempre molto poco.
Ed è proprio stata questa la spia che ha prodotto le denunce dell’ex garante dei detenuti Gabriella Stramaccioni. Così il sostituto procuratore Giulia Guccione ha aperto un’indagine a carico dei vertici della Ventura perché sospettati di frodare l’appalto allungando ad esempio il latte dei detenuti con l’acqua, servendo carne avariata o preparando il caffè con i fondi.
Già nel 2021 la Corte dei Conti ricusò il visto per i pasti a Rebibbia, dove l’appalto fu vinto con un ribasso di quasi il 60% sulla diaria pro capite di 5,70 euro.
Ma la Ventura è riuscita a vincere di nuovo il bando che ha preoccpato anche il garante nazionale dei detenuti Mauro Palma.
Nel frattempo è intervenuta anche l’autorità garante della concorrenza convinta che ci sia un cartello di imprese che si divide gli appalti a tavolino.
Alla lente ci sono gli appalti anomali assegnati nelle carceri di Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha da par suo chiuso il caso in quanto priva di elementi per accertare la violazione.
Ma, come detto, non la pensa così l’ANAC, che ha acceso i fari per cercare di vederci chiaro.
Insomma, per ora c’è puzza di truffa. Va chiarito se un cartello di ditte lucra sulla qualità dei cibi per i detenuti, che in quanto tali, hanno comunque diritto di essere rispettati.
Benché non ne parli nessuna tivù e nessuna radio.

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