Per la prima volta nella storia di questo Paese, un capo di governo, in questo caso Giorgia Meloni non indice la conferenza stampa sull’approvazione del Documento di Economia e finanza per evitare l’imbarazzo delle domande dei giornalisti.
Non sa come giustificare il taglio delle pensioni balbettato dal ministro Giorgetti.
Non sa come coprire il taglio del cuneo fiscale senza dar fondo al debito pubblico. Inoltre non sa come giustificare i vitalizi ai parlamentari, che restano scandalosamente alti, mai intaccati da nessun taglio (se si esclude quello applicato quando governavano i 5 stelle), col risultato che oggi vi propongo un breve elenco di ex parlamentari di cui nessuno o quasi si ricorda più, che percepiscono il vitalizio per ragioni di casta e per le bizzarrie delle leggi a loro favore.
Eccoli: Irene Pivetti, ex presidente della Camera ai tempi della Lega lombarda, a processo per evasione e auto riciclaggio nell’inchiesta sulla compravendita delle Ferrari, prossima ai 60 anni, è felicissima di non dover più fare la cuoca in una mensa di Monza per mille euro al mese, perché presto percepirà il suo vitalizio da oltre 2 mila euro mensili.
Antonio D’Ali, ex senatore, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa che l’ha portato direttamente in carcere, prende 9 mila euro al mese.
Roberto Formigoni, condannato a 5 anni e 10 mesi per corruzione scontati solo in minima parte a Bollate e poi scarcerato, prende 7 mila euro lordi al mese.
Piero Craveri fece solo mezza giornata al Senato della Prima repubblica. Correva l’anno 1987. Si dimise dopo poche ore dai radicali di Marco Pannella. Oggi prende 2.159 euro al mese e se ne è pure vantato di recente in un’intervista rilasciata alla Zanzara su Radio 24.
Il torinese Angelo Pezzana, altro radicale, fece il deputato a Montecitorio per una sola settimana nel 1979. Ebbene, sono ormai 23 anni, da quando nel 2000 compì 60 anni, che riscuote 1.200 euro mensili. E menomale, perché se non ci fosse stato un ritocco al ribasso operato dall’ex presidente della Camera Roberto Fico, l’importo sarebbe stato di 3.160 euro.
Anche Gerry Scotti figura nell’elenco dei miracolati del parlamento. Fece un anno di deputato Socialista, nel partito di Bettino Craxi, nel 1987, dopodiché si assentò pu restando in carica fino al 1992 e iniziò a fare tivù dopo essere stato voce di radio dj. Ebbene, Scotti incassa 1.400 euro mensili benché in passato abbia cercato di rinunciarci senza successo, perché il vitalizio del parlamento è per sempre ed eventualmente può solo devolverlo.
E’ vero che attualmente per maturare il vitalizio a 60 anni, gli onorevoli devono fare almeno 4 anni e 6 mesi di legislatura.
Ma è pur vero che tra loro e i cittadini resta una sproporzione di contributi e di resa finale che grida vendetta.
L’ultima sentenza della Camera rivela che dal 1981 a oggi i soldi dell’assegno superano di gran lunga le trattenute: secondo un calcolo pubblicato dal Fatto quotidiano i vitalizi ai politici sono costati 4 miliardi e mezzo di euro a fronte di soli 320 milioni di contributi riscossi
Numeri che gridano vendetta di fronte alla tracotanza di un governo del tutto inadeguatoa far fronte allle emergenze di un Paese in crisi di lavoro, e con un rapporto guadagni-costo della vita che non trova eguali in Europa.
Paese dal quale chi può se ne va.
E chi resta deve pure sorbirsi la propaganda dei telegiornali che parlano d’altro, o addomesticano la realtà.
