Ecco una notizia che i telegiornali daranno, ma solo in modo superficiale, senza analisi e senza morale.
La Corte di cassazione di Parigi ha deciso di non estradare in Italia 10 ex brigatisti condannati in via definitva per molti omicidi.
40 anni di latitanza protetta garantita dalla Francia, consente a questi «esuli», o «rifugiati» come vengono definiti Oltralpe, di poter vivere da impuniti alla faccia delle sentenze di condanna definitive emesse in Italia.

Ecco l’elenco: Giorgio Pietrostefani, 79 anni, in Francia dal 2000, ex dirigente di Lotta continua che ha sempre agito a viso aperto, e che partecipò alla pianificazione dell’omicidio del commissario di polizia Luigi Calabresi, assassinato a Milano il 17 maggio 1972.
Ci sono poi 6 brigatisti, di cui due donne condannate all’ergastolo: Marina Petrella, 68 anni, e Roberta Cappelli, 67, della cosiddetta «colonna romana». Petrella è tra le responsabili dell’omicidio del generale Enrico Galvaligi, ucciso la sera del 31 dicembre 1980, e fu coinvolta nel sequestro del giudice Giovanni D’Urso; nel 2008 fu vicinissima all’estradizione finché l’allora presidente francese Nicolas Sarkozy ne bloccò la riconsegna (per le precarie condizioni di salute) su sollecitazione della cognata, l’attrice italiana Valeria Bruni Tedeschi.

Anche Cappelli è stata condannata per il delitto Galvaligi, a cui si aggiunge l’omicidio del poliziotto Michele Granato assassinato nel novembre ‘79. Tra i reati riconosciuti per le 2 ex brigatiste c’è il ferimento del vice-questore della Digos di Roma Nicola Simone, colpito il 6 gennaio 1982, per il quale fu ritenuto responsabile pure Giovanni Alimonti, 67 anni, che dovrebbe scontare 11 anni e mezzo. Brigatista anche Enzo Calvitti, 68 anni, condannato a 18 anni e 7 mesi per associazione sovversiva, banda armata e altri reati, e Maurizio Di Marzio, 62 anni, condannato a una pena (prescritta secondo la Francia, in vigore per l’Italia) di 5 anni e 9 mesi.

Sergio Tornaghi, 65 anni, militante della colonna milanese «Walter Alasia»: condannato all’ergastolo per l’omicidio di Renato Briano, direttore generale della «Ercole Marelli», assassinato la mattina del 12 novembre 1980 mentre andava al lavoro in metropolitana.
A completare l’elenco ci sono terroristi di formazioni cosiddette «minori»

Uno è Narciso Manenti, 65 anni, condannato all’ergastolo per l’omicidio dell’appuntato dei carabinieri Giuseppe Gurrieri, freddato a Bergamo il 13 marzo 1979, nella sala d’aspetto del medico dove aveva accompagnato il figlio di 10 anni, per una visita. L’attentato fu rivendicato da Guerriglia proletaria, sigla considerata vicina a Prima linea.

Poi c’è Luigi Bergamin, 74 anni, condannato a 17 anni per vari reati tra cui gli omicidi dell’agente della Digos milanese Andrea Campagna e del maresciallo della polizia penitenziaria Antonio Santoro; di tratta di 2 dei 4 delitti consumati dai Proletari armati per il comunismo confessati da Cesare Battisti estradato in Italia dal Brasile, catturato dopo una lunga latitanza vissuta perlopiù in Francia fino al 2004.

Chiude la lista Raffaele Ventura, 73 anni, già militante delle Formazioni comuniste combattenti, condannato a 24 anni e 4 mesi per l’omicidio del brigadiere di polizia Antonio Custra ucciso a Milano il 14 maggio 1977, durante i furiosi scontri di piazza in cui fu scattata la famosa foto del giovane incappucciato, armato di pistola, con le gambe piegate mentre prende la mira ad altezza d’uomo. Un’icona degli «anni di piombo», prolungati fino a oggi con l’operazione «Ombre rosse».

Ecco tutti questi personaggi potranno vivere tranquilli in Francia la loro vecchiaia perché i giudici italiani da Parigi non vengono considerati. Dicono che l’Italia vìola gli articoli 6 e 8 della Carta europea dei diritti fondamentali dell’uomo. Che sanciscono il diritto di ogni cittadino europeo ad avere un giusto processo e a veder rispettata la propria vita privata e familiare.

Ma sono princìpi che non c’entrano con i casi dei brigatisti, che in Italia sono stati processati e condannati senza procedure contrarie allo Stato di diritto. Al contrario, la Francia garantisce l’impunità cercata e ottenuta a condannati in via definitiva. Alla faccia degli standard della giustizia delle democrazie. Oltre che uno schiaffo ai parenti delle vittime.

C’è quindi da chiedersi davvero che senso convivere tra Stati in Europa, visto che anche gli immigrati stipati sotto i ponti di Ventimiglia vengono bloccati da anni dalla gendarmeria francese. Costituendo di fatto una nuova frontiera che non dovrebbe esserci.

Siamo di fronte all’ennesima ipocrisia e all’ennesima dimostrazione di massimo nazionalismo identitario dentro l’Europa.
Fino ad oggi non c’è altra spiegazione da dare a questa unione forzata dell’Europa, se non perché deve accontentare un gruppo ristretto di banchieri azionisti della Banca centrale europea, che ha deciso di impoverire i Paesi mediterranei introducendo l’euro.

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