“Se avessi un figlio omosessuale lo butterei in una caldaia e gli darei fuoco”. Questa frase choc la disse nel febbraio del 2016, il leghista Giovanni De Paoli rivolto a un gruppo di genitori di ragazzi gay a margine di un’audizione presso la commissione regionale e sicurezza sociale della Liguria.

De Paoli, consigliere regionale, fu denunciato dal presidente genovese dell’associazione Agedo Giovanni Vianello.
Ebbene, dopo 7 anni di processo, il politico leghista è stato assolto dall’accusa di diffamazione aggravata.

Il pubblico ministero Patrizia Petruzziello che ha applicato la legge Mancino, che prevede l’aggravante per le dichiarazioni razziste e omofobe, aveva chiesto 4 mesi di condanna.

Il giudice Filippo Pisaturo non ha accolto la richiesta.
Gli avvocati di De Paoli hanno insistito sul fatto che le sue parole non fossero rivolte a qualcuno di specifico.

La sentenza lascia perplessi i componenti del “Comitato per gli Immigrati e contro ogni forma di discriminazione”, che annunciano Appello non appena, entro 90 giorni, si conosceremo le motivazioni dell’assoluzione in primo grado.

Ad ora, secondo la giustizia italiana, sostenere in pubblico che si brucerebbe in un forno un figlio gay, non comporta nessuna conseguenza.

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