La Visibilia era la concessionaria di pubblicità dei giornali degli Angelucci, oltre che di Libero e Il Giornale. L’attuale ministro del Turismo e senatrice Daniela Santanchè ne è stata presidente dal 2016 fino allo scorso 13 gennaio. La ministra – con i debiti societari ormai nel mirino del Tribunale fallimentare – ha ceduto le proprie quote al compagno Dimitri Lorena Kunz D’Asburgo che ne ha preso il posto e nel cui cda siede sua sorella Fiorella Garnero.

Nell’ultimo decennio la Visibilia ha accumulato debiti col fisco per 984 mila euro e una serie di altri debiti. La Procura di Milano che indaga per bancarotta e falso in bilancio ha chiesto alla sezione Fallimentare del Tribunale di Milano di decretare il fallimento. Del resto i conti in rosso di Visibilia non sono una novità. Per anni ha spacciato pubblicità teorica per moneta sonante affinché quotidiani tipo Libero potessero ottenere contributi pubblici all’editoria gonfiati da numeri di vendite finti. Chiedere a Luigi Bisignani, quando al telefono con Flavio Briatore raccontava di come convincere Finmeccanica ad aumentare il budget di pubblicità sui giornali di Visibilia “Lei (Santanchè ndr) sa benissimo che se non fosse stato per il mio intervento, facevano fallire la società per bancarotta”. Era il 2012. Visibilia andava male già 10 anni fa. Ottenne un paio di milioni pure da Bpm di quel Massimo Ponzellini che finì nei guai.

Poi, di anno in anno, è sempre andata di male in peggio. Fin quando 9 piccoli azionisti, detentori del 5,87% del capitale di Visibilia, hanno lamentato «gravi irregolarità nella gestione della società» e «omissioni negli organi di vigilanza», che sarebbero state alla base delle «perdite nell’ultimo anno dell’89,6%, negli ultimi tre anni del 99,5% e negli ultimi 5 del 99,9%». I piccoli azionisti, assistiti dall’avvocato Antonio Piantadosi, avevano investito in Visibilia soprattutto perché «la società era controllata dalla senatrice Daniela Garnero Santanchè, la quale era anche il presidente del Consiglio di amministrazione: e oltre la fiducia che ispirava una tale figura istituzionale, è ben noto che le società che vantano la presenza di “Pep” (“Persone politicamente esposte”) sono sottoposte a controlli ancor più stringenti».

Invece oggi Visibilia «versa in uno stato irreversibile di crisi assimilabile a tutti gli effetti al concetto di insolvenza prospettica, intesa come “incapacità non solo passata, ma anche e soprattutto futura, di pagare i propri debiti” in un ragionevole arco temporale», scrive la Guardia di Finanza di Milano. Le Fiamme Gialle, nel pietoso rapporto presentato ai pm di Milano Roberto Fontana e Maria Gravina, tracciano «il quadro complessivo di una società in situazione di squilibrio finanziario», nella quale «si può osservare che, oltre alle importanti svalutazioni intervenute sugli asset societari, anche le opinabili ricerche di finanziamenti esteri operate dal Consiglio di amministrazione hanno senz’altro contribuito al sostanziale downgrade societario». Cosìcché, «già a partire dall’esercizio 2017 il Cda nei bilanci avrebbe dovuto riportare valori di “avviamento” e “imposte anticipate” largamente diversi da quelli deliberati». Invece, «Visibilia a partire dall’esercizio 2016 ha riportato costanti perdite, seppure calmierate dall’erronea contabilizzazione delle poste dell’attivo patrimoniale “avviamento” e “imposte anticipate”». E «le iniezioni di liquidità derivanti dal finanziamento» legato a un warrant «hanno sì permesso la prosecuzione dell’attività imprenditoriale, ma anche causato di fatto il crollo del valore azionario regredito del 99,97%».

Parliamo del quinquennio a guida Santanchè (2016-2021 falso in bilancio). La quale riesce a restare seria nel dirsi estranea alla vicenda. Affastella scuse del tipo «Le cartelle dell’Agenzia delle Entrate non le abbiamo pagate per il Covid, quando le hanno sospese… Prima stavamo procedendo con la rottamazione. Ma qualche piccolo azionista ha fatto un esposto e a quel punto dovevamo pagarle tutte, non più a rate. Ma di questa gentaglia non voglio parlare, non sono ricattabile». La “gentaglia” secondo Santanchè sono gli azionisti in buonafede che hanno denunciato la sua mala gestio. La “rottamazione” sperata da Santanchè era un condono che per fortuna non c’è stato. Il Covid c’entra assai poco coi bilanci di una società che operava fin dal 2007. Avrebbe dovuto avere bilanci solidi per pagare il dovuto all’erario e ai creditori. Quelli che – dice lei – pagheranno a breve, senza dire chi e quando.

Invece la senatrice del governo Meloni si tira fuori quando i disastri sono fatti, e senza fare un plissé resta ministro con alle spalle una società in fallimento per debiti.
Insomma, Daniela Santanché fino a prova contraria resta un “alto profilo” da possibile bancarottiera.

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