Nel luglio 2021 il marocchino Youns El Boussettaoui viene ucciso con un colpo di pistola al cuore da Massimo Adriatici, assessore comunale alla Sicurezza a Voghera della sindaca leghista Paola Garlaschelli. Il fatto avviene in una piazza centrale della città laddove le telecamere che riprendono l’episodio vengono ignorate dai magistrati che indagano, ma recuperate dalle difese dei familiari della vittima. Il marocchino avrebbe spinto a mani aperte l’assessore che sarebbe caduto a terra dopo una breve collutazione. In tutta risposta il politico ha estratto una Beretta calibro 22 sprovvista di sicura e fatto fuoco. Tecnicamente si tratta di un omicidio. Infatti Adriatici viene posto agli arresti domiciliari. Ma non per omicidio volontario, bensì per eccesso colposo di legittima difesa.

La posizione del politico viene così molto ridimensionata dopo che quest’ultimo è riuscito a convincere il pm Lorenzo Valli col quale ha passato tutta la notte con la propria versione dei fatti e avallata dal gip. Ciò nonostante ci siano alcune testimonianze che riferiscono di aver visto Adriatici prendere la mira e sparare. Tutto ciò benché “Non vi è dubbio che il grilletto sia stato tirato in modo consapevole” e che dai filmati “l’assessore pedinava la vittima”.

Adriatici è un ex poliziotto e avvocato penalista che conosce bene i magistrati in procura. E’ amico di Mario Venditti, incaricato col collega Paolo Valli di condurre l’inchiesta.

I legali del marocchino scoprono che “L’assessore sceriffo nella Beretta aveva proiettili da guerra dum dum. Munizioni vietate che dilaniano il corpo”, di tipo espansivo, con una probabilità di uccidere più alta rispetto a quelli normali. Vietate persino in guerra. Le frasi che pronuncia ai testimoni in sua difesa – documentate dalle difese – rivelano che l’assessore «manipola la scena del crimine istruendo i testimoni alla presenza dei carabinieri». Mentre El Boussettaoui è agonizzante a terra è Adriatici che chiama con lo smartphone la Scientifica. Che arriva dopo oltre un’ora dalla sparatoria. Sandro De Riccardis di Repubblica scrive che i funzionari scendono dall’auto, uno saluta col gomito Adriatici, che dopo un breve colloquio, sale a bordo sul sedile anteriore. Poi l’auto – con lui e l’autista – va via. La stessa auto con lo stesso funzionario ritorna 4 minuti dopo senza Adriatici per i rilievi sulla piazza.

L’autopsia sul corpo di El Boussettaoui viene fatta in fretta e furia. La chiamata al 118 è alle 22.19: un uomo è a terra in codice rosso. Youns muore all’ospedale di Voghera alle 23.40. L’incarico ai patologi per l’autopsia viene assegnato con atto firmato dalla procura alle 9.58 del giorno dopo, l’autopsia è eseguita alle 10.30 di mattina. Tempi record: meno di 12 ore dalla morte. I legali che già seguivano Youns per i suoi problemi di droga, gli avvocati Debora Piazza e Marco Romagnoli, protestano di non essere stati informati, nonostante la vittima fosse domiciliata presso il loro studio legale. La procura si scusa, argomentando che i carabinieri non sapevano che vi fossero parenti in Italia. Eppure i carabinieri di Voghera avevano incontrato il fratello di Youns, Alì, e il padre, Mohamed, 8 giorni prima, il 12 luglio.

Scaduti i termini di legge degli arresti domiciliari, il 47enne Adriatici torna in libertà dal rifugio segreto dove si è barricato per paura di ritorsioni. Riprende la sua attività di avvocato, vincolato a una sorveglianza dinamica delle forze dell’ordine su decisione del ministero dell’Interno, nel timore di «azioni dimostrative», ritorsioni, vendette.

A novembre 2021, dopo 4 mesi, la svolta choc. Spunta un video di un incontro elettorale della Lega a Legnano, a cui partecipa il procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti, reggente del coordinamento delle indagini sulla morte di El Bassettaoui. Al convegno, tra gli altri, ci sono la candidata sindaco della Lega, Carolina Toia, poi sconfitta. Presente il leghista capo della commissione Antimafia di Pavia Angelo Rinaldi (ora in FdI), l’assessore regionale Claudia Terzi e l’eurodeputato di Pavia Angelo Ciocca. Tutti della Lega. Proprio Ciocca, dell’omicidio di Voghera, dirà alle agenzie: «È un chiaro episodio di legittima difesa. Se non fosse stato per Adriatici, staremmo parlando di una violenza su una ragazza innocente». Nulla di tutto questo emergerà dalle indagini. Che registrano invece l’anomalia del pedinamento di Adriatici nei confronti del marocchino al quale a un certo punto mostra pure la pistola in palmo.

A questo punto le difese ne hanno ben donde per ritenere che Adriatici goda di favori e protezioni dalla Procura di Pavia. Chiedono l’accesso ai tabulati telefonici che contengono le chat con Venditti e con Daniela Garlaschelli, ex presidente della sezione penale del tribunale nonché sorella della sindaca di Voghera di cui Adriatici è assessore in giunta. Ma il gip Maria Cristina Lapi le nega. I legali di El Boussettaoui ricorrono in Cassazione, che infatti dà loro ragione. Ma il pm si rifiuta di nuovo di consegnare la copia del dispositivo. I legali sono costretti a prendere appunti a mano e ricavare conversazioni interessanti. Eccone alcune riprese sempre da un altro articolo di Repubblica a firma del collega De Riccardis.

Il 30 marzo 2021, Venditti —(già presente alla campagna del candidato sindaco leghista di Legnano), chiede su whatsapp un incontro ad Adriatici: «L’ho intravista in tribunale. Se è ancora in zona può passare da me?». «Buongiorno dottore, termino l’udienza e salgo da lei!» risponde Adriatici. Non si sa perché, ma nel pomeriggio, un medico di Pavia scrive ad Adriatici: «Mi è stato segnalato il suo numero dal signor procuratore Mario Venditti in merito alla questione della revoca di patente a carico di mia figlia. Sono a chiederle quando fosse possibile fissare un appuntamento per discutere della questione». Adriatici poi seguirà il caso. Successivamente è l’assessore di Pavia Pietro Trivi (Lega), a scrivere ad Adriatici. «Grazie Massimo, ho dato il tuo cellulare a Venditti che me lo ha chiesto».

In un altro sms a un collega avvocato, il 25 aprile 2021, per un’iniziativa sulla sicurezza, Adriatici scrive: «A colloquio col dott. Venditti ci sono andato tra i primi e, dopo avergli spiegato la situazione del personale, mi sono impegnato a distaccare un agente dopo le assunzioni conseguenti al concorso che stiamo per bandire».

Sandro De Riccardis pubblica altri messaggi tra Adriatici e il giudice Daniela Garlaschelli, sorella del sindaco leghista di Voghera Paola Garlaschelli: «Avvocato, mi pare giusto segnalarglielo perché è un post aperto al pubblico», scrive il giudice il 25 ottobre 2020, ad Adriatici. Viene indicato uno scritto su Facebook in cui si critica la politica di “tolleranza zero” della giunta di Voghera. «Grazie», risponde l’assessore. Il giudice sembrerebbe informare l’avvocato, sabato 23 gennaio 2021, di un fascicolo: «Avv. buongiorno, mi scusi per le modalità di comunicazione ma sono in ufficio e ho notato che il suo procedimento (..) è prescritto». Allegato, uno «screenshot di un capo di imputazione». «Grazie, va bene, risparmio un viaggio a Pavia – risponde Adriatici -. Gentilissima come sempre». «I colleghi mi hanno detto che lei aveva preso come praticante una delle nostre tirocinanti che si era trovata molto bene! – scriverebbe ancora il giudice —. Ora ne abbiamo un altro vogherese che avrebbe bisogno di integrare con pratica forense, lei avrebbe posto o cerchiamo altrove?». «Disponibilissimo» risponde l’assessore. E anche 20 giorni dopo la tragedia, «il giudice invia su whatsapp un’immagine ad Adriatici, indecifrabile ».

Oggi, dopo quasi un anno e mezzo dal fattaccio, gli avvocati Piazza e Romagnoli chiedono al procuratore generale di Milano Francesca Nanni che l’inchiesta sia spostata nel capoluogo lombardo. in quanto risulta chiaramente inopportuno il rapporto confidenziale dimostrato dalle chat tra i magistrati e l’imputato Adriatici. Giacché «detti contatti tra l’indagato e le cariche istituzionali dovevano essere esplicitati, circostanza che non si è verificata».

Il governo avrebbe di che mettere mano alla giustizia in Italia.

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