Per quanto poco utile sia un Presidente della Repubblica, se per la prima volta dev’essere una donna, non si può sentire il nome di Letizia Brichetto in Moratti, assessore alla Salute della Regione Lombardia. Ecco perché:

due sentenze della Corte dei conti condannarono l’allora sindaca di Milano Letizia Moratti per “colpa grave” nelle 9 assunzioni d’oro presso l’elefantiaco ufficio stampa comunale di persone senza requisiti. La sentenza del 19 novembre 2009 ordinò alla Moratti di “risarcire con 723 mila euro” i milanesi per i 6 vice capo servizio senza laurea e i 2 non giornalisti professionisti tutti a stipendio di dirigente e a fronte di una decina di rimozioni dirigenziali precedenti senza preavviso.

In pochi anni autorizzò spese per 48 milioni di euro per 2.773 incarichi di consulenza e un’incredibile elenco di sprechi (400 mila euro di crocchette in un’occasione), e rifiutò la proposta delle opposizioni di destinare parte di quei soldi ai fondi di sostegno per le famiglie duramente colpite dalla crisi economica dell’epoca del governo Monti.

Era una grande assenteista in Aula. Nel 2009 partecipò soltanto a 4 sedute e in quell’anno stese il tappeto rosso a Palazzo Marino per la rassegna di moda Dolce & Gabbana, che all’epoca erano imputati per presunta evasione fiscale da un miliardo di euro nascosti in Lussemburgo (indagine poi archiviata).

Nel 2010, mentre a Milano chiudevano mille negozi e sparivano 2 mila società nella morsa della crisi economica, la Milano a guida Moratti aveva già speso 11 milioni di euro per il progetto di Expo 2015, e pagava il doppio stipendio all’allora numero uno di partito Lucio Stanca (rimosso dall’incarico), senza che fosse partita la costruzione su terreni non ancora ufficialmente acquistati. Un milione e mezzo fu speso per la rappresentanza all’Expo di Shanghai.

I milanesi furono invitati a sintonizzarsi su “Teleletizia” in onda sul digitale terrestre a 300 mila euro in cui promuoveva sé stessa occultando i 4 anni di promesse disattese, tra cui i mancati mezzi gratis agli ultra 65enni, il mancato “incremento del 50 % del verde“, i mancati asili nido in più per i 1.000 bimbi milanesi in lista d’attesa eccetera. Silenzio assoluto sul suo presidente della commissione edilizia, tal Pennisi, arrestato con una mazzetta da 5 mila euro in cash riscossa a un tiro di schioppo da Palazzo Marino riunito in consiglio comunale.

Moratti era nelle corde della Lega perché sosteneva che “i clandestini normalmente delinquono“. Perciò si trovò d’accordo con l’allora governatore lombardo Roberto Maroni ad “espellere pure i comunitari“.

Si vantò di aver migliorato la qualità dell’aria a Milano, ma erano balle perché i quotidiani 70 microgrammi per metro cubo di Pm10 a fronte di un generoso limite a 50 ponevano la città in una condizione di “smog fuori controllo“.

Voleva istituire il pedaggio sulle tangenziali per “incassare e finanziare i trasporti pubblici“.

Non risolse mai il problema degli straripamenti del Seveso in zona Niguarda, che ad ogni temprale causava decine di milioni di danni.

Coi soldi dei milanesi Letizia Moratti pagava la luce delle strade di Antigua dove Berlusconi occultava i fondi neri con le offshore.

Voleva intitolare una via di Milano al latitante tangentaro Bettino Craxi invece che ad Aldo Aniasi.

In un solo mese Moratti spese 75 mila euro dei milanesi per uno spot in stazioni e negli aerei su un suo intervento a Davos in mezzo ai banchieri.

Sempre da sindaca di Milano respinse la proposta delle opposizioni di istituire una Commissione anti-mafia in Comune, dopo che la dirigente Carmela Madaffari finì nei brogliacci di un’indagine di ‘ndrangheta per aver ricevuto il calabrese Giulio Lampada.

Difese senza provvedimenti il figlio Gabriele, proprietario della “Batcasa”, un esclusivo appartamento completamente abusivo con arredi tecnologici, piscina e palestra realizzati in un ex capannone industriale di via Ajraghi per il quale ha da poco patteggiato un’ammenda da 49.000 euro.

Fu sempre contestata alle commemorazioni della strage di piazza Fontana arrivando al punto di dichiarare “capisco i fischi“.

Infine, da ri-candidata perdente contro Giuliano Pisapia, non prese le distanze da Roberto Lassini, candidato nelle lista in suo sostegno che si esibì con cartelli con su scritto “Br via dalle procure” mentre Silvio Berlusconi era a processo per frode fiscale e corruzione in atti giudiziari.

Ecco, ce n’è abbastanza per votare al Quirinale un’altra donna che abbia davvero i crismi e i requisiti morali per la carica. No di certo Letizia Brichetto in Moratti.

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