Ecco come la mettono i costituzionalisti per complicare la vita alla democrazia diretta della Rete e che la politica ha già raccolto:

«Ciò che rende più fluida l’applicazione di norme democratiche va sempre bene, una volta che si sia accertato che non ci può essere una falsificazione digitale del dato (di questi tempi sembra che nessuno lo possa dire, ma non è il mio campo). Ma se l’intendimento di aumentare il numero delle firme è di rendere più difficile l’istituto del referendum secondo me non sarebbe male. Nell’attuale temperamento vi è un eccessivo ricorso anche su temi sensibili a uno strumento, secondo me troppo radicale, perché tenta una soluzione semplice a problemi complessi», avverte Sandro Stajano, direttore del dipartimento di Giurisprudenza alla Federico II di Napoli.

Il docente di diritto ordinario Filippo Vari rivela: «Mi ha colpito il numero elevatissimo di giovani sotto i 25 anni che ha firmato il referendum sulla cannabis (che tratta anche di altre droghe). Il tema della salute e della vita merita la massima cautela. Occorre evitare che si arrivi a una democrazia semi-diretta che si fonda sulla logica del sì o no: la democrazia ha bisogno di tempo e lo strumento telematico si presta a manipolazione».

Ecco allora pronta la reazione del deputato dem Stefano Ceccanti, che ha già proposto di innalzare da 500.000 a 800.000 le firme necessarie per approvare i referendum.

Un modo per rallentare l’efficienza della tecnologia e complicare la vita alla democrazia a garanzia loro che stanno sulle poltrone della politica rappresentativa.

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