Che sana invidia provo per la famiglia Tanturli. Quei genitori che hanno scelto di vivere lontani dalla società tumulata nel cemento, in mezzo alle montagne, ai boschi e agli animali, sono un raro esempio di lucida umanità.

I Tanturli sono i nuovi pionieri incompresi. Un faro. Un vaccino contro il rimbambimento da interconnessione social. Hanno smarrito il loro bimbo di due anni che poi lo hanno ritrovato nella natura salvo.. e guarda un po’ pure sano. Chiamava “mamma!” Mica “Tata”.

Si è svegliato dopo aver dormito con i sandalini addosso come sarà capitato a tutti di lasciar dormire il pargolo vestito per non disturbarlo. Se ne è uscito di casa con i medesimi sandalini verso i boschi senza smartphone, senza contapassi, senza localizzatore e senza Gopro. Ha vagato libero senza pensare di aver commesso un crimine che ora rischia di inguaiare mamma e papà.

La famiglia Tanturli, usa a capre, api, cinghiali e vacche si è ritrovata improvvisamente accerchiata da una fauna di laureati in cattività, pagati per trasformare in diagnosi patologica ogni sbavatura infantile non contemplata nel manuale del bimbo perfetto. Quello che non ha mai accarezzato un bovino e la fattoria la visita solo con la scuola e possibilmente già a 10 anni.

Psicologi, psicoterapeuti, psico qua e psico là formatisi sui libri ben lontani dalle baite e dalle malghe montane, sono belve potenzialmente pericolose per famiglie come i Tanturli . Arrivano su in cima al monte da presunti esperti di vita altrui armati di farmaci e di relazioni non richieste da sottoporre ai tribunali. Che a loro volta hanno il patentino per moralizzare il cittadino modello e magari strappare quei bimbi dal loro paradiso montano e – in stile Heidi – sottrarli ai genitori per rinchiuderli in qualche struttura o affidarli a qualche famiglia ben tracciabile. Armata di spara-selfie da esibire su Instagram, Facebook, Pinterest e magari pure nel dark web.

Il ricchissimo bestiario dei reati veri o presunti sui modelli di educazione impazzita dell’era multimediale comprende anche l’abbandono di minore. Frasetta che può prestarsi in modo elastico ad accuse che spaziano dal vero fino al ridicolo. Ecco allora i Tanturli tacciati delle peggiori nefandezze dai giornali. “il padre fumato”, “sembrano indigeni”, “sporcizia” e altre amenità di questo tenore sono la gogna.

Sono il pretesto per far pagare caro e salato 30 ore di auto-gestione nelle quali un bimbo nato e cresciuto lì se l’è cavata senza nemmeno un graffio e ha compromesso tutte le teorie e le opinioni degli esperti cresciuti nel cemento urbano.

Una famiglia fuori dagli schemi che socializza con una comunità simile a loro su quelle montagne, e che infatti è l’unica a difenderli.
L’unica a dire che i Tanturli sono brave persone. E soprattutto persone normali.

Vallo a dire ai servizi (a)sociali. Che invidia di loro…

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