Il 14 febbraio del 2012 Mario Monti annunciò che le Olimpiadi di Roma nel 2020 non si sarebbero fatte. I troppi debiti non consentivano manifestazioni dispendiose. Niente più “sobrietà” come da giorni rantolavano destra, sinistra e giornali. Repubblica titolò: “Olimpiadi, il gran rifiuto di Monti“, e affidò a Tito Boeri il festoso commento “RESISTERE ALLE SIRENE”, con tanto di incipit relativi ad Atene 2004: “La tragedia greca era iniziata proprio lì, con la candidatura ad ospitare le Olimpiadi. I sovracosti incorsi nella preparazione hanno contribuito a quella spirale di deficit pubblici crescenti… Giochi costati 12 miliardi di euro, il 6% del Prodotto interno lordo greco…“, monitava. Filippo Ceccarelli la buttava in comica. “ADDIO AI CIRCENCES”, e si rallegrava che “Con algida e motivata deliberazione, come in fondo era ragionevole aspettarsi, la tecnocrazia ha gelato la stagione e per qualche tempo ha seppellito il governo dei circenses“. Walter Galbiati, di spalla, rincarava la dose: “In Canada 30 anni per ripianare il passivo del disastro Montreal, ad Atene i primi passi verso il baratro. Solo Barcellona s’è rinnovata. L’Olimpiade è una delle manifestazioni più ambite, ma anche un’incognita che rischia di pesare sui conti di un Paese“. In quei giorni il debito pubblico italiano era a 2 mila miliardi di euro, e il debito di Roma ammontava a 9 miliardi.
Oggi che sono passati 4 anni e quel debito italiano è lievitato a 2.250 miliardi, mentre quello capitolino è schizzato a 13 miliardi grazie al Pd, ecco come Repubblica tratta l’annuncio del No alle Olimpiadi del 2024 da parte di Virginia Raggi . Il titolo sparato in prima da Sebastiano Messina dice tutto: “IL MODO PEGGIORE (E SENZA LEALTA’)”. Nel lungo e pensoso epitaffio, nessun riferimento ai debiti bensì c’è spazio per favoleggiare di un’inesistente “scena imbarazzante, metodo incomprensibile, motivazione traballante per archiviare il dossier olimpico.“, in quanto non ci sarebbe “la forza di sostenere, argomentare e difendere le ragioni di quella scelta.” Il no alle Olimpiadi del debito promesso e mantenuto dai 5 stelle, “conferma l’arroccamento in quel fortino pentastellato dove già volano i pugnali“, con l’insinuazione dell’ultima colossale balla: “Nessuno sospetta più che il gran rifiuto sia una prova di obbedienza a Grillo, mentre persino tra gli assessori abbondavano i dubbi“. Più che Messina pare Messin(scen)a.
Il Corrierone nel 2012 sparava “I REDDITI DEI MINISTRI” e lasciava a Sergio Rizzo (il Dritto) il plauso per la decisione montiana: “Per il «No» di Monti alla candidatura della capitale per l’Olimpiade del 2020 temiamo che abbia ragione“, perché “Monti denuncia la fragilità estrema del nostro sistema“. E mentre chiedeva preoccupato le “Spese astronomiche già in partenza. Otto miliardi? Dieci? Quanti davvero?“, bacchettava duro e puro: “Il partito dei Giochi avrebbe dovuto ricordare che da troppi anni sbagliamo, e per difetto, ogni preventivo. Di soldi e di tempi. Non per colpa dei ragionieri, ma di una macchina impazzita che macina ricorsi al Tar, arbitrati… Un impasto mostruoso di burocrazia, interessi politici e lobbistici che spesso alimenta la corruzione“, e concludeva plumbeo: “I precedenti disastrosi non sono un buon motivo per non fare le cose. Giustissimo. Ma sono un’ottima ragione per andarci coi piedi di piombo. Almeno quando rischiare una montagna di denari pubblici non è proprio necessario. Come adesso.” Ecco, passati 4 anni e aumentati i debiti, Sergio Dritto in prima pagina, perde il suo senso ridanciano nel descrivere gli scandali di palazzo, trasformando il No alle Olimpiadi della Raggi in “UN PARADOSSO”, con la nobile motivazione secondo cui “Monti era premier, Grillo è un privato cittadino“, fingendo di non sapere che Grillo non ha imposto nessun no. Dunque, ecco il falso piagnisteo di circostanza su “Roma che non decide mai“, perché avrebbe “una classe dirigente debole“. Per il Dritto, Monti e Sciolta Civica quattro anni fa non rappresentavano il nuovo benché fosse stato nominato premier da pochi mesi. Solo per i 5 stelle siamo alla novità assoluta dell’inesperto, “Per una forza politica che si candida a governare il Paese per cambiare tutto, questa è un’occasione persa“. Sergio Dritto dimentica i suoi pistolotti sui debiti mostruosi della Capitale maturati grazie alla corruzione, alla mafia e alle parentopoli. Ora solo per i 5 stelle “l’Olimpiade avrebbe potuto essere una prova di estrema maturità“. Solo quei furbastri dei 5 stelle “hanno scelto di non mettersi in gioco“, per ragioni di “politica redditizia“. Solo adesso, secondo il Dritto “in otto anni Dio vede e provvede“. Nel 2012 evidentemente era ateo. Solo per i 5 stelle dire sì “avrebbe significato accettare discussioni, mediazioni, intese. Impossibile solo da immaginare“. Quindi, se Monti fu bravo e forte, i 5 Stelle danno “la sensazione di estrema fragilità“. Rivendica le “Olimpiarie“, senno “dov’è la differenza con gli altri, a questo punto ce lo dovrebbero spiegare“. Diffidare da Rizzo il Dritto è ormai d’obbligo dopo la sua recente incitazione a delinquere in tema di rifiuti sempre a danno della Raggi.
E il Partito democratico che fa? Il Pd del 2012 difendeva Monti, quello di oggi attacca Virginia Raggi per la “delibera ammazza-giochi” per voce del ministro Delrio, a causa dei 5 Stelle che «sono l’Italia del no» secondo il Bomba, mentre Orfini giura che «proveremo a far cambiare loro idea». Nel 2012, quando c’erano meno debiti di oggi, l’allora segretario Bersani bollava la scelta di Monti «segno di responsabilità». Il suo vice Enrico Letta considerava «le motivazioni di rigore e di concentrazione sul risanamento assolutamente comprensibili», e invitava a tifare per Madrid. Walter Veltroni parlava di una «partita gestita male, in modo fazioso» dall’allora sindaco Gianni Alemanno, che le Olimpiadi le voleva mentre per l’Atac partiva l’inchiesta sulla Parentopoli.
Ridicola anche Evelina Christillin, patronessa dei Giochi invernali di Torino 2006. Nel 2012 esaltava il No montiano: «Da sportiva ero assolutamente a favore, ma sono più comprensibili le ragioni addotte da Monti». Oggi sul Corrierrone del Sergio Dritto, la stessa Christillin si ribalta: Il No della Raggi è «un’occasione persa per Roma e l’Italia», perché «bisogna svestirsi del doppio cliché di incapaci e imbroglioni che noi italiani ci appiccichiamo da soli.» E il no di Monti? «Fece bene perché lo spread era oltre i 500 punti». La pista di bob inutilizzata alle Olimpiadi invernali costata svariati milioni di euro? «Beh, c’è sempre qualcosa che non va come ti aspettavi».
Chiudiamo questa ridicola rassegna di voltagabbana con la figuraccia del Coni. Nel 2012 l’allora numero uno Gianni Petrucci non minacciava improbabili cause alla Corte dei Conti per chiedere “700 mila euro per ogni consigliere che voterà no alla mozione“, come fa oggi Giovanni Malagò nei confronti della Raggi. Quattro anni fa, un minimo di sobrio pudore c’era ancora. Oggi siamo alla totale follia e alla dichiarata prostituzione intellettuale.