quirinarie

In questo post i profili di 5 dei 10 candidati scaturiti per le quirinarie del Movimento 5 stelle.

Pierluigi Bersani, 64 anni, piacentino di Bettola, più volte segretario del Partito democratico e più volte ministro dei governi Prodi, D’Alema e Amato. E’ stato responsabile economico dei Ds presso il meeting di Comunione e Liberazione, dove Bersani piace molto. Vanta anche un mandato da europarlamentare dal 2004, come membro della Commissione per i problemi economici e monetari. Dopo il fallito accordo col Movimento 5 stelle per la formazione del governo Bersani nel 2013, si è dimesso dalla segreteria del Pd. Oggi è un semplice parlamentare della Repubblica ed è considerato tra le figure più gradite nel mondo della Sinistra italiana.

Lorenza Carlassare, 79 anni, padovana, docente di Diritto costituzionale all’università di Padova, vicina al mondo di Sinistra, autentica battagliera per la difesa della Costituzione, è stata la prima dei 35 saggi nominati dal governo Letta per la riforma della legge elettorale nel 2013 a dimettersi in segno di protesta, contro il blocco dei lavori parlamentari voluto dal Pdl e avallato dal Pd perché «le riforme da noi hanno lo scopo di delegittimare la Costituzione esistente e di dare un po’ di sostanza a quella vena di autoritarismo che ci portiamo dietro da sempre, perché la riforma della forma di governo è totalmente inutile» (Radio Radicale, giugno 2013). Contraria alle quote rosa “definizione stupida usata per abbassare la serietà e l’importanza di un discorso che riguarda la democrazia e l’integrazione della rappresentanza“, dunque favorevole al doppio capolista e alla doppia preferenza (uomo-donna), è presenza quasi fissa nei dibattiti incentrati sul diritto e la legalità. Ha aderito all’appello di Libertà e Giustizia pubblicato dal Fatto quotidiano, “contro la svolta autoritaria“, firmato dall’ex presidente della Corte costituzionale Gustavo Zagrebelsky, Stefano Rodotà e da altri giuristi contro le riforme costituzionali volute dal governo Berlusconi. Appello a cui ha aderito anche il Movimento 5 stelle tramite il blog di Grillo. Carlassare, nei confronti dei leader dei 5 stelle si è espressa contro “l’autoritarismo dentro il vostro movimento“, che in tutta risposta ha prodotto un minipost sul blog del comico infarcito da un testuale “vaffanculo” rivolto alla giurista. In un’intervista al Fatto quotidiano, Gianroberto Casaleggio non ha ritrattato “l’invito”, in quanto “ci ha mandato affanculo prima lei. Comunque la risposta è questa: abbiamo un cattivo carattere e non abbiamo sensi di colpa“. Lo scorso ottobre era tra le papabili dei 5 stelle per essere candidata a giudice della Corte costituzionale (dopo 17 fumate nere non è andata oltre i 18 voti di preferenza, fanalino di coda tra i candidati e lontanissima da gente come Luciano Violante).

Ferdinando Imposimato, 78, casertano di Maddaloni, magistrato, politico e presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione, ex docente di Diritto penale. Fratello di Franco, ucciso dalla camorra nel 1983, entrò in magistratura nel 1964. Si è occupato del rapimento di Aldo Moro, dell’attentato al Papa, dell’omicidio del vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Vittorio Bachelet, e pure di Michele Sindona, il banchiere della mafia e della P2. Dell’attentato all’aereo ammarato vicino a Ustica si occupò tra il 1987 e il 1992, come membro del Copaco, (Il Copasir dell’epoca). Oggi è impegnato nel sociale e nella difesa dei diritti umani. Parla bene di lui persino Ali Agca, (l’attentatore del Papa che ha dato mille versioni sui motivi dell’attentato). Nel 1985 il Times di Londra gli dedicò una intera pagina definendolo lo scudisciatore della mafia (fonte Wilkipedia). E’ stato parlamentare del partito comunista per tre legislature, due da deputato e una da senatore tra il 1987 e il 1999. Già presente nella rosa dei candidati del Movimento 5 stelle per la presidenza della Repubblica nel 2013 (dietro Milena Gabanelli e Stefano Rodotà). Contrarissimo all’alleanza europea del Movimento con l’Ukip di Nigel Farage, definito da Imposimato un neo-naziosta xenofobo.

Elio Lannutti, 66 anni, teatino di Archi (CH), giornalista, già fondatore e presidente dell’Adusbef e poi senatore dell’Italia dei valori durante l’ultimo governo Berlusconi, ha pubblicato il volume “La repubblica delle banche” con prefazione di Beppe Grillo. Nella sua attività politica ha sempre contrastato gli interessi dei poteri forti. Si è sempre schierato contro i doppigiochi della politica pronta a proteggere e salvare i potenti. Contrario agli scudi fiscali, in particolare al decreto del governo Berlusconi del 2009 che, tra le altre cose, rendeva inutile l’indagine fiscale a carico dell’eredità degli Agnelli (Fiat). Si è visto bocciare il subemendamento che avrebbe dovuto mettere il tetto allo stipendio dei manager delle società quotate, e il divieto di ricevere stock options come retribuzione per i banchieri, adeguando così l’Italia ai parametri europei (emendamento per altro accettato con voto favorevole in commissione con quelli del Pdl). Favorevole alla liberalizzazione dei saldi nei negozi per contrastare la crisi economica, è da sempre un accanito oppositore delle lobby bancarie, e favorevole all’utilizzo del denaro cash al posto del denaro elettronico per scoraggiare l’obbligo di far aprire (anche ai pensionati) i conti correnti intrisi di commissioni. Critico con le gestioni di apparati come la Consob, il 23 luglio 2012 si è dimesso dall’Italia dei valori in contrasto con l’allora presidente e capogruppo Antonio Di Pietro con una lettera in cui si legge “Caro Antonio, io con te ho chiuso; non condivido i suoi attacchi al Pd, alle istituzioni e primo tra tutti al presidente Napolitano; vuoi scavalcare a destra Grillo”.

Paolo Maddalena, napoletano, studi e amici tutti napoletani, già assistente del giurista Guarino, ha fatto la carriera di magistrato della Corte dei Conti e ha scritto libri interessanti sui diritti dell’Ambiente. Nominato vicepresidente della Corte costituzionale (presidente Ugo De Siervo), fu uno dei 3 giudici ermellini indecisi se dare parere favorevole o contrario alla costituzionalità del Lodo Alfano (poi si espresse coi 9 giudici contrari) che sancirono l’incostituzionalità della legge porcata approvata in tutta fretta nell’estate 2008 dal governo Berlusconi, che nel frattempo consentì all’allora premier di stralciare la sua posizione di coimputato in corruzione in atti giudiziari con David Mills. Presidente di diritto della Consulta inviso al centrodestra che preferiva Alfonso Quaranta, Maddalena ha comunque rinunciato alla carica che sarebbe durata pochi mesi (nel 2011, anno del suo 75esimo compleanno). Maddalena fu tra i primi firmatari dell’appello lanciato da Remo Bodei, Roberta de Monticelli, Salvatore Settis e Barbara Spinelli rivolto al Movimento 5 Stelle che raccolse in pochi giorni oltre 30 mila firme. Era il cosiddetto patto per cambiare l’Italia che chiedeva ai 5 stelle un’intesa politica col Pd di Bersani per lasciare fuori dai giochi Berlusconi. Idea che Beppe Grillo rispedì al mittente con un post in cui citò una massima di Gaber sugli intellettuali della politica, e che si chiuse col famigerato nulla di fatto all’incontro tra Bersani e la coppia Crimi-Lombardi. Maddalena ha aderito all’appello contro la riforma dell’articolo 138 della Costituzione che avrebbe avviato l’Italia verso una Repubblica presidenziale non inserita nei programmi di governo in campagna elettorale. Prese le difese del M5S quando alla Camera il governo Letta regalò alle banche i famosi 7,5 miliardi di euro per decreto. Ne seguì un duro scontro con la presidente Laura Boldrini.

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