«Ero molto felice dopo essermi imbarcato a Genova. Sapevo che avrei rivisto la mia famiglia alla quale sono molto legato. Ero andato a cena e stavo parlando con dei miei connazionali. Tutto tranquillo. Poi, all’improvviso, si sono avvicinati 2 ufficiali della nave e mi hanno chiesto i documenti. Glieli ho dati senza batter ciglio. Mi hanno chiesto di seguirli nella cabina di comando. Ho trovato dei militari italiani che mi hanno fatto delle domande. Non avevo mai sentito neanche il nome di Yara. Poi mi hanno pure mostrato la foto. Niente. Non l’avevo mai vista. Mi hanno detto che avrei dovuto seguirli. Siamo rientrati in porto. Mi sono ritrovato in cella, a Bergamo, e da quel momento è iniziato il mio incubo. Mi è crollato il mondo addosso. Sono passato dalla gioia di pensare a riabbracciare i miei genitori alla paura delle ore trascorse da solo in una cella». Mohamed Fikri 9 dicembre 2010, primo indiziato per la scomparsa di Yara Gambirasio, scagionato dopo oltre due anni. In quei giorni i rigurgiti razzisti della Lega non si fanno attendere. L’allora eurodeputato Matteo Salvini dichiara: «Queste cose succedevano anche prima che arrivassero gli immigrati, ma da quando ci sono così tanti irregolari succedono di più. Lo dicono i numeri».