Finché si tratta di quattro commentatori che riversano le loro frustrazioni sulla tastiera del computer, si può sorvolare. Ma se a scrivere cazzate sono i cosiddetti giornalisti blasonati in quanto ritenuti liberi, allora conviene fare qualche precisazione. Soprattutto quando certi blasoni, si trasformano a loro volta in zitelle acide con commenti fuori dai gangheri. Mi riferisco ad alcune considerazioni che leggo sul mio conto in questi giorni sui quotidiani che parlano del bilancio deludente delle elezioni europee del Movimento 5 stelle.
Testo del video
Le discussioni politiche di questi giorni di commentatori blasonati della rete ritenuti attendibili, bravi, professionali, distaccati, saccenti, eroi, scopatori, purtroppo si rivelano scribacchini da pollaio dove per questioni personali di frustrazione, di cattiveria, di indivia ma anche di vanteria, associano i nomi di persone e criticano in maniera sprezzante sconfinando anche nel falso pur di mettere in cattiva luce e mettere in risalto la loro opinione affinché di loro si parli. Ecco, mi rifierisco a questi pseudogiornalisti da pollaio, che questi giorni di polemiche e di analisi sulla batosta del Movimento fanno anche il mio nome. Mi definiscono un ex responsabile della comunicazione impresentabile, piuttosto che un salottiere che va nei talk e che allontana il consenso del movimento e una serie di carinerie che lasciano il tempo che trovano, e che rientrano nel perimetro della critica anche legittima nei confronti di una persona che può non essere simpatica o antipatica. L’importante è che capiate ancora una volta, cari pennivendoli, che io non vado in televisione perché ho interesse a procurare voti al movimento o allontanare elettori dal movimento. Non è questo il mio ruolo. Io vengo chiamato come opinionista politico in quanto ho avuto un ruolo nel Movimento, nell’ufficio comunicazione ma soprattutto ho avuto un ruolo ben prima di tanti milioni di grillini improvvisati o di tanti pensatori o scrittori che pontificano su Grillo, il Movimento e tutto l’andazzo. Vengo chiamato evidentemente perché il mio parere può dare uno spunto di discussione, può interessare e finisce lì. Rispondo a nome mio di quello che dico, non del movimento. Però, sapete, finché si tratta di quattro commentatori su Facebook, di gente frustrata nel mondo che riversa le proprie cattiverie sulla tastiera si trova sempre. Ma quando invece queste posizioni le assumono i cosiddetti giornalisti dei giornaloni reputati indipendenti è un po’ diverso. E allora sono costretto a sottolineare ciò che credevo e speravo di non dover più dire: ossia che il sottoscritto parla a nome del sottoscritto, dice ciò che gli pare, quanto gli pare e se ne assume le responsabilità. E soprattutto si documenta! Ecco, quindi questo per dire che voi potrete continuare a criticarmi, a dirmi che sono una merda, l’importante è che vi assumiate le vostre responsabilità. Perché poi se la vostra vacuità di frustrati travalica nella diffamazione e nell’insulto, poi a quel punto vi trascino in tribunale e vi spacco il culo. E sapete che quando parlo poi le cose le mantengo. Insomma, continuate pure a criticare, ma lasciatemi dire che mi spiace constatare come l’ambientaccio della critica politica sia un verminaio di cattiverie che non si capisce dove voglia portare, mentre invece l’intelligenza di chi scrive su questi giornali potrebbe essere impiegata non per riversare la bile sulle persone che ti stanno antipatiche, ma per dare un contributo utile alla causa, magari per creare qualche spunto di discussione per cercare di migliorare tutti visto che tutti siamo in difficoltà. Visto che siamo in un Paese finito e siamo in una realtà che non sappiamo dove ci porta. Siamo in un salto nel buio. Insomma, mi auguro che finiate di dire che io parlo a nome del movimento, perché se lo continuate a fare significa che siete in malafede.