A sole due settimane dal voto per le elezioni regionali e nazionali gli espositori elettorali sono vuoti. Senza facce di politici e senza liste. Probabilmente hanno capito che spendere soldi nei manifesti per acchiappare voti è inutile. Se non addirittura dannoso alla causa. I pannelli vuoti sono un segno di come i partiti non abbiano ricette per gli elettori. Si confermano costosi carrozzoni senza strategie e senza idee. Sono aziende parassitarie in fallimento aggrappate agli slogan che ormai, anziché sui manifesti, veicolano in rete commettendo l’errore grossolano di credere che servano. Veicolare gli slogan su Facebook o attraverso dei siti statici privi di contatto, trasparenza, discussione e condivisione degli obiettivi, è il modo migliore per accelerare il loro cammino verso la scomparsa. L’unico sostegno rimasto ai partiti sono i giornali finanziati dai cittadini con quattro scribacchini di regime che disciettano su “Grillo portabandiera di un qualunquismo capace solo di distruggere in una sorta di luddismo istituzionale” (Claudio Tito, Repubblica 6 febbraio). Analisti ed editorialisti prezzolati che si illudono di liquidare con quattro scemenze i movimenti emergenti cari alla pancia del popolo sovrano. E’ l’incesto della propaganda diluita nella cosiddetta informazione che tenta di sostituire i manifesti elettorali. Titoli come “L’alleanza possibile contro i populismi” o “Monti e Bersani pronti all’intesa” fanno da controcanto ai finti scoop del Fatto quotidiano, che forza la mano sull’equidistanza inventandosi le contestazioni a Grillo. Io non so se il Movimento 5 stelle sarà la panacea di tutti i mali. Di certo, quegli espositori vuoti e senza nessuno che li guarda, fanno il paio con le aree industrializzate in stato di abbandono e con le saracinesche delle botteghe abbassate: cimeli dell’era industriale in tempo di deindustrializzazione e di globalizzazione. Cimeli di un’epoca che non tornerà più.

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