Passata la festa, gabbato il santo. Loris D’Ambrosio, consigliere di Giorgio Napolitano, membro del nucleo di valutazione del Colle, colui che al congresso dell’Associazione nazionale magistrati sedeva dietro il presidente della Repubblica, ma davanti a Silvio Berlusconi e Gianni Letta. Magistrato che ha steso il testo del 41 bis (carcere duro per i mafiosi) e che si intratteneva al telefono con l’indagato per falsa testimonianza Nicola Mancino, al fine di evitargli imbarazzanti confronti con gli ex ministri Martelli e Scotti nell’aula del tribunale di Palermo che indaga sulla trattativa Stato-mafia. Ecco, Loris D’Ambrosio in quattro e quattr’otto già bell’e che morto e sepolto. Non si sa in quale cimitero sia stato tumulato dopo la funzione religiosa andata in scena nella chiesa romana di Santa Susanna, alla presenza di politici e alti magistrati e con illustri assenze come quelle di Dell’Utri e Mancino. Non si sa bene in quale casa editrice D’Ambrosio sia morto. Non si è capito quale ambulanza è accorsa sul luogo del delitto. Pardon, della disgrazia. Si è detto genericamente di un infarto, punto. Non ci sono cronache e nemmeno testimonianze di chi era assieme a D’Ambrosio in quei minuti fatali. Insomma, la fine della figura ombra del presidente della Repubblica, per la stampa di regime non sta meritando attenzione come invece è stato per Cogne, Avetrana o Brembate Sopra.

Passata la festa, gabbato il santo. Mai come nei classici delitti di Stato, il ciarpame mediatico riferisce lo stretto necessario e uniforma le opinioni dei soliti prezzolati “liberi” pensatori. La morte di Loris D’Ambrosio è e rimane strana, misteriosa, sospetta, omessa nella dinamica dei fatti, che a me personalmente, lascia un non so che di retrogusto mafioso. La sua morte è giunta dopo che sui giornali sono apparse sui giornali intercettazioni che lo riguardano dal contenuto a dir poco eversivo. Il pm di Palermo Nino Di Matteo (pool del traslocante Antonio Ingroia), a proposito di Mancino ha dichiarato: «Emergono evidenti contraddizioni tra diversi esponenti delle istituzioni, riferiscono cose completamente diverse, quindi qualcuno mente» riferendosi anche a Martelli e Scotti. Nelle intercettazioni D’Ambrosio dice a Mancino che chiede protezione: «Io per adesso posso parlare col presidente… lui se l’è presa a cuore la questione… non lo so… Francamente la ritengo difficile» influire sul collegio di Palermo che vuole sottoporre Mancino al confronto con Martelli sull’avvertimento che il capo del Ros stava scendendo a patti con l’allora sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino. Ecco la soluzione di D’Ambrosio: «L’unica cosa è parlare col procuratore nazionale antimafia» Piero Grasso che, interpellato, declinerà l’invito a sollecitare coordinamenti già adottati in precedenza tra le procure di Palermo, Caltanissetta e Firenze che indagano sui mandanti delle stragi bombarole a Palermo, Firenze e Milano.

Benché Mancino avesse sollecitato D’Ambrosio dicendogli «Veda un po’ se Grasso decidesse di ascoltare anche me, in maniera riservatissima, senza che nessuno ne sappia niente» e D’Ambrosio lo avesse rassicurato rispondendogli «Va bene, tanto domani lo devo vedere...», per il consigliere di Napolitano è «Più facile parlare col pm...». Non foss’altro che in mancanza di pm favorevoli a papocchi, il Csm (presieduto da Napolitano) ha sostituito Vitaliano Esposito a ruolo di procuratore generale della Cassazione col pg Ciani. Del quale D’Ambrosio riferisce al solito preoccupatissimo Mancino: «Ho parlato con Ciani, hanno voluto una lettera così fatta per sentirsi più forti…». Del resto «Il presidente condivide la sua preoccupa… cioè, diventa una cosa… inopportuna…» l’eventuale confronto a quattr’occhi con Martelli davanti al pool di magistrati di Palermo col rischio di finire imputati nel processo sulla trattativa Stato-mafia assieme a personaggi del calibro di Bernardo Provenzano.

Passata la festa, gabbato il santo. Nessun Galli Della Loggia e nessuno Scalfari si è chiesto com’è possibile che il braccio destro del presidente della Repubblica insegua le richieste di un ex vicepresidente del Csm come Mancino, del quale nel capitolo «mandanti altri» della sentenza del processo di Firenze per la bomba di via Georgofili (condannati Provenzano, Riina e Graviano) i giudici scrivono «Dalla disamina delle dichiarazioni di soggetti di così spiccato profilo istituzionale esce un quadro disarmante che proietta ampie zone d’ombra sull’azione dello Stato nella vicenda delle stragi». Possibile che D’Ambrosio rispondeva con quelle frasi a Mancino di sua iniziativa, senza che si fosse prima consultato con Napolitano? Possibile che nessuno reputi depistante il comunicato dello stesso Napolitano col suo «Atroce rammarico per una campagna violenta e irresponsabile di insinuazioni e di escogitazioni ingiuriose» per la morte di D’Ambrosio? Cioè di uno che certamente non parlerà più? Possibile che il ministro della Giustizia Paola Severino, (difensore dell’ex sottosegretario Caliendo implicato nell’inchiesta sulla P3) definisca D’Ambrosio uno che «non riusciva a capacitarsi di come potesse essere accusato con tanta veemenza di aver voluto interferire su indagini in tema di mafia, proprio la materia che aveva costituito il centro di un suo impegno così intenso»? Perché il ministro non fa nomi e cognomi degli accusatori di D’Ambrosio che nemmeno risultava indagato? Possibile che nessun giornalista di regime abbia strappato dopo il funerale di D’Ambrosio qualche battuta alla moglie signora Antonella o ai figli Silvia, Giulio e Valerio tutti lì in prima fila? Possibile che nessun Panebianco e nessun Gramellini leghi il nesso dell’incorruttibilità di D’Ambrosio, indicato da Maria Falcone come «persona alla quale gli italiani devono dire grazie per la lotta antimafia» col fatto che forse è stato ucciso apposta per evitare che parlasse come teste a Palermo? Del resto cos’avrebbe da perdere un magistrato incorruttibile a fine carriera e sulla soglia della pensione?

Eppoi, è possibile che nessuno metta in bella vista che l’Avvocato Caramazza ha già depositato a tempo di record alla Consulta la richiesta di conflitto di attribuzione affinché la Corte costituzionale imponga alla procura di Palermo di distruggere i colloqui tra Mancino e Napolitano senza un’udienza apposita a Palermo come prevede la legge? Possibile che nessun giornalista si meravigli sul perché in udienza l’avvocatura chiede di procedere per “inaudita altera pars” cioè senza il coinvolgimento della difesa della Procura di Palermo? E’ possibile che soltanto Bruno Tinti ci racconti oggi sul Fatto che D’Ambrosio era cardiopatico? Dunque, non sarebbe stato questo un buon motivo per cercare di allontanare i sospetti di una morte incredibile e piena di ombre da mettere in prima pagina? Possibile che un cardiopatico ricopra un ruolo così delicato all’interno delle istituzioni? Che cosa avrebbe da temere un D’Ambrosio qualunque di fronte alla palese preoccupazione di Napolitano a non far uscire i colloqui con Mancino? In tema di probabilità mi sembra che il coccolone avrebbe dovuto prendere Napolitano prima che D’Ambrosio no? Per ragioni di età in primis, e poi per ragioni di gravità dei fatti emersi. E invece guarda un po’ come la fine di un personaggio così vicino al Capo dello Stato, morto proprio all’indomani dell’uscita di imbarazzanti intercettazioni oggetto dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia passa nel sottoscala delle notizie! Sostituita da un più rassicurante comunicato del Quirinale ai dipendenti dell’Ilva di Taranto (ieri l’altro), oppure sul fronte delle elezioni anticipate con «Sul voto decide il Quirinale» (oggi). Qual è la ragione di voler drogare autorevolezza a un Quirinale deciso a distruggere i colloqui di Napolitano con Mancino? Non è abbastanza chiara l’omelia dei preti al funerale di D’Ambrosio che dice «Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli» della serie “chi ha orecchio intenda?” Dobbiamo preoccuparci del fatto che sia solo una banale coincidenza che la sede dell’Avvocatura che difende Napolitano abbia sede in via dei Portoghesi?

2 pensiero su “D’Ambrosio sepolto, buio fitto”

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