“Grecia, i conservatori primo partito Con i socialisti maggioranza pro-euro” si legge sulle home delle testate nazionali. A fianco appare la faccia sorridente di Samaras, nuovo probabile leader conservatore che guiderà il governo di Atene dopo il voto per le elezioni politiche greche. Il titolo vuol trarre in inganno i cosiddetti mercati che lunedì mattina riverseranno in Borsa i loro stati d’animo. Sbandierare in prima pagina l’esito “pro-euro” è un tentativo di rassicurare i lettori per dissuadere gli speculatori. Ben sapendo che per salvare l’euro siamo al libro dei sogni. Nel senso che non basterà una coalizione tra conservatori e socialisti in Grecia per rinvigorire l’economia dell’euro e allontanare lo spettro del contagio del fallimento della moneta unica col conseguente ritorno alle valute nazionali, acominciare dalla lira in Italia.
Del resto, il conto già pagato per tenere in vita artificialmente l’euro è di 495 miliardi consegnati alle banche per disintossicarsi da “Monti” di titoli a debito. Non dimentichiamo che quell’importo mostruoso è un ulteriore debito spalmato sui cittadini degli Stati già indebitati (Italia compresa) dove circola l’euro. Benché i giornali lancino messaggi rassicuranti sull’esito del voto greco, va subito chiarito che il cosiddetto “lieto fine” per l’euro rimane più impossibile che ipotizzabile. Intanto perché dovrà andare benissimo il 19esimo (ripeto, diciannovesimo) consiglio europeo tra Madrid, Atene, Roma, Bruxelles e Berlino in programma il 28 giugno prossimo. Poi perché oltre all’ipotesi che la speculazione si fermi davanti al pannicello delle elezioni greche, non è detto che si fidi dei 100 miliardi dati alle banche spagnole che hanno concesso mutui a tutti, pure ai disoccupati.
Per sperare che il 19esmio consiglio europeo vada bene, servirebbe una Merkel rivoltata come un calzino che accetti l’dea di un’unione bancaria europea, che accetti i project bond, che accetti più soldi al salva-stati e una road map credibile verso gli Eurobond, ossia l’europeizzazione del debito che per l’economia tedesca sarebbe deleterio per non dire letale. Ecco perché siamo al libro dei sogni. Perché dovremmo sperare in un miracolo tra appena 2 settimane, che a torta finita ci presenta il conto di quei già citati 495 miliardi serviti per puntellare i conti di Grecia, Irlanda e Portogallo oltre a quelli delle banche di Madrid. Per rientrare da quel mostruoso importo, significa accettare l’ipotesi di almeno 15 anni di austerity a livelli insostenibili, che nemmeno l’europeista più masochista potrebbe considerare di sopportare. Avremmo davanti 15 anni di recessione, di economia reale spenta, di salari bassissimi e di tasse che spolperebbero pure la pazienza. L’euro rimane una follia. Un incubo che prima o poi finirà.
[…] Il blog di Daniele Martinelli Pubblicato: 18 giugno 2012 Autore: aggregatore Sezione: Politica e Attualità […]