Mi collego anch’io all’articolo 21 del consigliere Cappato e lo ringrazio per aver pubblicato questo accesso agli atti“. E’ il grillino di Milano Mattia Calise che esordisce nel suo ultimo intervento in consiglio per sollecitare il sindaco Pisapia e la sua giunta a vigilare sulle imprese che ruotano attorno ad Expo segnalate dai cittadini. Il Cappato citato da Calise, è il radicale Marco, consigliere a sua volta e già europarlamentare, che prima di Calise ha prodotto il documento oggetto di interesse del rappresentante del M5S. Faccio questa sottolineatura perché vorrei far notare come la differenza formale tra i radicali e il M5S nasconda in realtà una comunanza di ideali assai più forte di quanto si possa credere. La similitudine movimentista delle due realtà politiche, con tutte le differenze che le caratterizzano (dall’amnistia per i carcerati invocata dai radicali, alla galera per i corrotti che sognano i grillini) è innanzitutto dettata dall’importanza dell’individuo nella sua partecipazione diretta alla politica intesa come persona. Con la differenza che i radicali sono nati nell’era della televisione, unico mezzo di propaganda che permetteva visibilità solo attraverso la gerarchizzazione e la personalizzazione dei partiti così come li abbiamo conosciuti fino all’epoca dell’avvento di internet. Il M5S è invece un movimento concepito per consentire la partecipazione diretta dei cittadini alla vita politica attraverso lo strumento della rete. Anche il M5S ha come ideologo Beppe Grillo, ma il suo ruolo è solo quello di cercare di rimpiazzare i cittadini nelle istituzioni al posto dei partiti. E’ però vero che i radicali gli inciuci in politica li documentano da almeno 30 anni, sempre con carte alla mano pur essendo incappati in scelte discutibili, come quella di aver preteso in tribunale 2 miliardi di lire da Berlusconi nel 1996 per improbabili accordi elettorali. Esigenza evidentemente dettata dal bisogno di trovare finanziamenti in un’epoca in cui (senza ricorrere ai rimborsi elettorali) internet era solo agli albori.

Tuttavia la comunanza dei radicali col M5S si traduce oggi nella grande differenza di gradimento alle urne in quanto i Radicali, sempre molto avanti rispetto al livello culturale dell’italiano medio, non hanno avuto la fortuna di avere un Pannella comico benché siano stati fautori della legge sull’aborto addirittura negli anni ’70 grazie a uno storico blitz che beffò un partito potente come la Dc dell’epoca guidata da un baciamafiosi come Andreotti. Il cronico 2 per cento dei Radicali a tutti i turni elettorali è stato il dazio da pagare al loro dichiarato anticlericalismo in un Paese di timorati di dio, benché in tema di diritti civili e biotestamento siano sempre stati all’avanguardia. Il M5S che invece esplode in piena crisi economica e di credibilità dei partiti, non ha ancora avuto la chiesa e il Vaticano come bersagli dichiarati in tema di scandali dei miliardi che arrivano oltretevere attraverso l’8 per mille e altri balzelli. Anzi, al contrario Grillo ha addirittura difeso autorevoli esponenti cattolici come il cardinale Angelo Bagnasco (genovese come il comico). Una prudenza non da poco in un Paese di leccapreti come l’Italia. Un’altra differenza “comune” tiene contraddistinti due movimenti di due leader: il radicale Pannella è stato un istrione nell’attivarsi a forme di costituzionalismo di piazza in veste di martire, mentre Grillo è un profeta spiccio baciato dal dono della comicità. Ingrediente essenziale per far presa sulle masse. Se ne è servito pure Berlusconi con tutti i limiti delle sue patetiche battute dichiarate in 18 anni ai dispacci di agenzia.

Eppure quando parliamo di radicali e di Movimento 5 stelle, parliamo comunque di due primedonne: Marco Pannella e Beppe Grillo, ma con un’altra differenza: che Pannella, giunto a veneranda età, si era dichiarato pronto già nel 2009 ad accantonare la sua visibilità per mettere a disposizione l’esperienza dei radicali alle esigenze di referendum che aveva Grillo. Quest’ultimo, invece, aveva preferito tenere le distanze da ciò che aveva sempre ritenuto un partito vecchia maniera capeggiato da un leader mai sazio di protagonismo. Ne ho avuto prova diretta io stesso proprio nel 2009, quando lasciai Casaleggio per accettare un lauto contratto a Radio Radicale dove fui incaricato di diffondere  in rete attraverso alcune videoinchieste le iniziative del partito. Soltanto dopo qualche mese mi resi conto che la mia presenza nei radicali serviva per tentare di avvicinare Beppe a loro. Io provai a spiegare a Beppe che se si fosse servito dei Radicali, le firme raccolte per abolire il finanziamento all’editoria non sarebbero diventate carta straccia. Pannella si lagnava di non essere riuscito a mettere a disposizione l’esperienza dei suoi per evitare che il lavoro del comico andasse perduto nel letamaio della burocrazia. Ma non ci fu storia. Beppe fu perentorio con me: “Se gli tocchi la Bonino è come se gli scopassi la fidanzata… non ti ricordi cosa aveva combibato all’europarlamento?...” e non se ne fece nulla. Alla scadenza del semestre concordato, i radicali non mi rinnovarono il contratto di collaborazione, e io a quel punto meditai seriamente di mollare la professione giornalistica verso lidi più redditizi e autonomi dalla politica prima di candidarmi nell’Idv per tentare l’esperienza politica diretta.

Oggi che il M5S cammina con le proprie gambe nel labirinto dei movimenti di potere, emerge più che mai la sua similitudine coi radicali “sempre avanti” come l’ultra 40enne Cappato si è rivelato forse involontariamente sul ragazzino Mattia Calise a palazzo Marino. Le firme false nelle liste elettorali, lo spinello libero e la libera scelta nelle cure fino all’eutanasia, sono temi che accomunano i due movimenti ma differenziati da uno stile che costituisce l’ossatura e la storia delle loro differenze: raffinati e sottili i radicali, pragmatici e di pancia i grillini. Se provassi a cimentarmi di nuovo in politica, sarei indeciso su chi scegliere tra i due.

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