Il “principe” Renzo Bossi, alias Trota, aveva ragione quando diceva di non aver mai preso soldi dalla Lega. I soldi da via Bellerio glieli portava l’autista personale Alessandro Marmello, battezzatosi Bancomat. E’ l’ultima “cantata” pasquale del diretto interessato che ha provocato un plateale e imbarazzato “fora di ball” da parte del Trota, con le sue dimissioni dal consiglio lombardo a tempo di record che suggellano di vergogna l’avventura politica del più giovane eletto della storia del Pirellone, ma pure della Lega nord. E pensare che faceva quasi tenerezza sentire il Trota dire “dò parte del mio stipendio alla Lega” dal bar attiguo all’aula dove intonavano l’Inno italiano. A soli 24 anni d’età, con uno stipendio pari a quello che percepisce il governatore del Colorado, il Trota può dire di averle provate un po’ tutte: tra i dorati banchi del Pirellone, la scorta di 11 ragazzi costati 251 mila euro in un anno (senza gli alberghi), auto da 50 mila euro e università di economia a Londra, pare gli manchino solo gli odiati “droga e culattoni” benché il principe si dica oggetto di “calunnie” nell’inchiesta per festini di cocaina alla villa dell’amico bresciano Alessandro Uggeri, fidanzato della sua protettrice assessora Monica Rizzi indagata per illecito trattamento di dati sensibili. Pare si sia assai indaffarata per dossierare i candidati concorrenti del Trota alla regione Lombardia nel collegio di Brescia, metodo poco padano visto che in parallelo ci avevano provato gli alleati “terù” della P3 di Nicola Cosentino, intenti a sputtanare con falsi dossier l’allora candidato e attuale governatore della Campania Caldoro. Sì, quella Campania che il Trota non sa dove sia perché «mai sceso a sud di Roma», e benché da doppio ripetente a scuola non distingua i canadesi dagli australiani. Non è certo se il Trota sappia dove sia il Tanzania, meta di leghisti carichi di milioni di rimborsi romani. Chissà se qualcuno glielo avrà indicato sul “cerchio magico” a forma di mappamondo.

Tuttavia il “principe” Trota aveva ragione quando riteneva “grave che gli inquisiti siano candidati“. Lui, nemmeno indagato, esce dalla scena politica alla faccia dell’indagato per tangenti Davide Boni, leghista refrattario a scollare il culo dallo scranno di presidente del Consiglio lombardo. E pazienza se per Viviana Beccalossi «per far eleggere Renzo Bossi, papà Umberto ha lasciato a casa un bel po’ di leghisti bravi e competenti». Rimarrà negli annali padani il “non vi preoccupate, ci pensa mio padre” promesso dal Trota ai Cobas latte refrattari alle multe europee. E meno male che per mister firme false Roberto Formigayo, il Trota “rappresenta lo sbiadirsi del familismo” perché a Brescia si è “cercato le preferenze“. Infatti è stato soltanto Calderoli che si è precipitato alla festa de l’Unità di Bologna per tentare di candidare il Trota sindaco. Con buona pace per i leghisti bravi e competenti se l’ex ministro Castelli diceva che le preferenze al Trota rappresentano “un atto di coraggio da togliersi tanto di cappello“. Oggi, con la Bossi’s family svelata feudataria di una Lega familista in salsa Udeur di Mastella, parleremo di fine da “tanto di cappella” o “tanto di Castelli in aria“.

A conti fatti il “principe” Trota aveva ragione (a sua insaputa) quando fiero e gonzo celebrava il suo approdo in regione Lombardia «non per nepotismo, ma perché il politico è il mestiere di mio padre». Era stato proprio il padre a nominare il Trota responsabile de La Padania, Telepadania e Radio Padania. Media come quei giornali che lo avevano venduto simbolo di un “drastico rinnovamento generazionale” e come quei colleghi tipo Lucia Annunziata, censurata da Radio Padania trasformata in megafono di sfoghi dei militonti disillusi e schifati da una Lega svenduta a un puttaniere di Arcore. Il Trota che doveva rappresentare un ricambio anche in tema di libertà, si è rivelato insofferente a un blogger satirico come Angelo Abbatangelo , querelato per non avere un “Bel-sito”. Tra una partita a «Rimbalza il clandestino», un decreto sul crocefisso e pittoresche iniziative per “l’educazione alla legalità“, il Trota esce di scena da tifoso “non dell’Italia” per confinarsi forse per sempre nella Lega di Gemonio. Pardon, nella casa del Gemonio.

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