“Non ho nessuna ambizione di diventare presidente di Confindustria, ho molto da fare col mio gruppo, che l’anno scorso ha chiuso con 1,9 miliardi di fatturato e quest’anno supererà i 2 miliardi“. Parola di Giorgio Squinzi il 5 agosto 2011, allora vicepresidente di Confindustria che da oggi ne è presidente. Sostituisce Emma Marcegaglia col voto degli industriali benché la presidente uscente avesse dichiarato che “sono finiti i tempi in cui poche aziende decidono l’agenda di Confindustria“.
Squinzi, sgradito alla Fiat ma amico della Marcegaglia, ha ottenuto una decina di voti in più dell’altro candidato Giorgio Bombassei (gradito alla Fiat ma “nemico” della Marcegaglia). Già “ministro” della Marcegaglia nelle vesti di capo del comitato tecnico confindustriale per l’Europa e già presidente Federchimica, Squinzi è il fondatore e presidente della Mapei con stabilimenti in 28 Paesi di tutto il mondo. Un pezzo grosso, insomma, che si avvia a guidare questo “apparato anacronistico, governato da una burocrazia resistente alle riforme, articolato su più livelli non sempre funzionali agli obiettivi” (S. Rizzo), oltre che intriso di conflitti d’interessi interni. Dev’essere per questo motivo che Squinzi è gradito anche al Giornale di Sallusti che ieri, alla vigilia della votazione, titolava in prima pagina “La Confindustria che aspetta Squinzi“. Del resto, dichiarare “non capisco come negli ultimi 20 giorni le aziende italiane valgano il 20% in meno” e ostinarsi di fronte all’evidenza dicendo “non ci credo che il differenziale tra i Btp e i Bund sia davvero di 400 punti” senza toccare il dramma di un gioppino come Berlusconi al governo, (sparito lui, lo spread è sceso) significa girare la testa dall’altra parte.
Dunque se possiamo ritenere Squinzi vicino a Berlusconi, sarà interessante seguire le sorti delle imprese di quella Confindustria governata da chi ritiene che “non è l’articolo 18 il problema delle aziende estere che non investono nel Bel Paese“. Chissà cosa farà Squinzi per limitare lo stillicidio di imprese in asfissia, i suicidi degli imprenditori vittime della recessione e del credit crunch. Sarà interessante valutare il suo reale impegno (parola di Squinzi) a ridurre il peso della burocrazia per le imprese. Qualche perplessità sorge legittima per un presidente che nell’aprile del 2010 prevedeva barzellette dicendo che “se gli Usa ricominceranno a consumare, come sta avvenendo da qualche mese a questa parte, anche la locomotiva italiana riprenderà a correre“. Gli Usa, in effetti, hanno ripreso la crescita della loro economia, ma in Italia stiamo peggio della Grecia con la Fiat che trasloca negli Usa e i giovani che emigrano all’estero.
Passi che gli industriali di Confindustria si siano spellati le mani a Bergamo per applaudire uno come l’amministratore delegato della Thyssen, Harald Espenhahn, condannato per l’incendio allo stabilimento di Torino che il 6 dicembre 2007 che costò la vita a 7 operai. Accettiamo le scuse che seguirono a quell’episodio increscioso. Ma ora di scuse per l’imprenditoria italiana non ce ne sono più. Le zero ambizioni di Squinzi a prendere le redini di Confindustria da oggi, meritano tanti auguri. Agli imprenditori naturalmente.
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[…] Il blog di Daniele Martinelli Pubblicato: 23 marzo 2012 Autore: aggregatore Sezione: Politica e Attualità […]