La notizia di indagine per finanziamento illecito ai partiti a carico dell’assessore lombardo Romano La Russa è soltanto un sassolino di quel fiume di fango che sta spazzando via la Seconda Repubblica. Abbiamo perso il filo delle inchieste per corruzione, tangenti e ruberie di ogni sorta. Del resto è la crisi economica a mostrarci una realtà fosca e lugubre allungata dalle sempre più massicce migrazioni di massa che frammentano le ricchezze di tutti. Dovremo abituarci a uno standard di vita più povero e di rinunce, benché i vecchi pennivendoli da prima pagina continuino a chiedersi chi votare, fingendo di non capire che l’epoca dei leader è finita. Checché Repubblica si sforzi di imporre Saviano nuovo paladino dell’era post-sprechidellacasta, dobbiamo ammettere che una società ridotta a vivere alla giornata non si preoccupa più dei partiti e dei leader. Ognuno si preoccupa della propria sopravvivenza, nella consapevolezza che lo Stato rimane comunque un nemico da cui non farsi fottere. Il collante italiano del posto fisso è ormai roba da libri di storia e meno male che è così, perché è stato la rovina della nostra competitività e del nostro prestigio di Paese evoluto. Per riprenderci dal sogno che “c’è sempre qualcun altro a pensare per noi“, ci vorrà almeno una generazione. Per ora siamo un’Italia seduta sui propri scandali e apatica a ogni schifezza istituzionale. Quasi quasi c’è da pentirsi di non aver rubato quando si poteva.

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