Luca e Paolo: “Ti sputtanerò assolutoria per Berlusconi? Ma va”

Tanto tuonò che piovve. Roberto Vecchioni ha vinto il 61esimo festival di Sanremo confermando che la gaffe combinata in conferenza stampa sabato pomeriggio da un addetto di Rai Trade, che aveva svelato il cantantuore lombardo in pensione l’artista più gradito dal televoto, non ha influito sul risultato. Un errore che a qualcuno é sembrato quasi voluto pur di rinvigorire l’ennesima sonnacchiosa diretta pomeridiana del “Question time” condotta su Raiuno da Lamberto Sposini. Un errore che aveva innescato polemiche tra gli addetti ai lavori schierati a ventaglio sul largo palco fiorito della sala stampa, condito da uno sferzante scambio di battute coi giornalisti e culminato da un vaffa di Gianni Morandi, che dopo una sequela di messaggi rassicuranti e battute paciose, aveva lasciato anzitempo il palco sbattendo la porta. Una gaffe che nononstante la patetica raccomandazione del direttore artistico del festival Gianmarco Mazzi di non divulgarlo nell’imminente trasmissione televisiva, era stato argomento da prima domanda, dunque finito su tutte le home page e sui tavoli del Tar del Lazio grazie a un immediato ricorso del Codacons.

Ma alla fine Roberto Vecchioni ha vinto lo stesso. Ha vinto il festival con la sua “Chiamami ancora amore” già  duettata in terza serata con la Premiata forneria Marconi. Una canzone che rispetta i classici canoni della melodia italiana, con partenza soft e corpo dal ritmo deciso su cui scorrono parole che toccano i problemi delle generazioni attive di oggi: prospettive mancate, aspettative disattese e libri che rinvigoriscono la memoria collettiva, detonatore della discesa in piazza dei giovani d’oggi armati di idee. E’ un testo che Vecchioni canta accorato dal palco dell’Ariston con la sua voce asciutta e decisa nonostante le 67 primavere ben portate, che relega in piazza d’onore il giovanissimo duo dei Modà  con Emma Marrone per soli 8 punti percentuali e Al Bano Carrisi, che si deve accontentare del terzo posto in classifica. La canzone di Vecchioni é anche la più gradita dai giornalisti, per la prima volta chiamati ad esprimere la loro preferenza dalla sala stampa con un telecomando. E’ il brano che il cantautore nativo di Carate Brianza dedica alle donne a una sola settimana dalla maniifestazione “Se non ora quando” e alla sua trentennale moglie Daria Colombo, ideatrice dei Girotondi e musa ispiratrice di tanti brani dai testi ruvidi e sanguigni che hanno garantito longevità  artistica al marito. Esordiente a Sanremo da autore nel ’68 per Giuliana Valci e Giliola Cinquetti (che in tempi di Rubygate va ricordata per l’eterna “Non ho l’età “) e nel 1973 come interprete de “L’uomo che si gioca il cielo” che piazzò l’artista insegnante in pensione all’ottavo posto.

Con la vittoria di Vecchioni tra i big e del bravo Raphael Gualazzi tra i giovani (che col suo swing ci ricorda tanto Paolo Conte), va in archivio l’ennesimo e infinito festival della canzone italiana di 5 serate dove in prima fila non é mancata la politica. E’ stato il festival del centocinquantenario dll’Unità  nazionale che ha portato in platea i ministri La Russa e Meloni a digerirsi la comicità  partigiana di Roberto Benigni, e ha spinto i conduttori de Le iene Luca e Paolo a imbastire gag in strenua difesa del presidente del consiglio Silvio Berlusconi imputato di frode fiscale, appropriazione indebita, corruzione in atti giudiziari, concussione e prostituzione minorile in ben 5 processi diversi, tanti quanti le serate del festival. “Ti sputtanerò” ha culminato l’obiettivo di addolcirne l’immagine grazie alla sapiente ironia costruita sulle rime della parodia di “Ti supererò” canzone di Sanremo ’95 cantata da Gianni Morandi e Barabara Cola. Ora si dirà  che con Roberto Vecchioni la canzone italiana del festival della ricorrenza dell’Unità  nazionale vira a sinistra. La memoria rimanderà  al palco romano del no B day di piazza San Giovanni, su cui cui Vecchioni duettò con Paola TurciPovera patria” di Franco Battiato, che all’Ariston quest’anno si é dovuto accontentare delle retrovie della classifica.

Si dirà  di tutto e di più ma francamente 4 ore abbondanti di spettacolo per 10 cantanti finalisti sono davvero troppe. Troppo rievocare con enfasi quasi nostalgica la strage di piazza Fontana (riecco la politica) da parte di Massimo Ranieri, autore con Morandi armato di chitarra acustica di un noioso e interminabile riepilogo di ricordi sbiaditi di quando entrambi erano ragazzini di belle speranze che calcavano i palchi di Canzonissima con titoli adatti a quegli anni di piombo. Sempre un pochino ingombranti i balletti che allungano la broda della serata. Rievocano i tempi di Fantastico e snaturano quello che é e dovrebbe rimanere un festival di canzonette. Un festival in cui alla fine ha prevalso una canzone d’amore a metà  “tra il silenzio e il tuono… anche restasse un solo uomo” e le sue “idee come le stelle che non spengono i temporali…“. Per Roberto Vecchioni tanto tuonò che piovve…

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