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30 anni fa l’Italia viveva il dramma del sequestro di Aldo Moro, il leader democristiano rapito il 16 marzo 1978 in via Fani a Roma, da un commando di assassini che durante l’operazione fecero una strage uccidendo 5 membri della sua scorta.
L’oscura vicenda, la peggiore della storia della Repubblica italiana dal dopoguerra, ha in comune con quelli di Garlasco e di Cogne nello star system odierno, l’affare della mercificazione televisiva rispettosa del Piano di rinascita piduista, incaricata di spettacolarizzare la cronaca con un ammasso di dichiarazioni scollegate, dove il vero segreto dominante é la confusione.
In questo, va riconosciuto, Bruno Vespa é un artista perché durante le sue trasmissioni sa condurre con maestria i giochi della finta inchiesta, con apparente incisività  ma senza mai spingersi oltre. Ovverosia sul chiaro.
Del sequestro Moro se ne é parlato stanotte a “Porta a Porta”, presenti tra gli ospiti Maria Fida Moro, figlia dello statista ucciso dalla Loggia P2, il nipote musicista un po’ stonato, il prescritto per mafia Giulio Andreotti e il condannato per tangenti Claudio Martelli (all’epoca del sequestro rispettivamente Presidente del Consiglio e leader socialista).
Ebbene, per ricostruire con un minimo di chiarezza le responsabilità  di quell’orrendo delitto di Stato, é opportuno partire dal primo e principale responsabile:
Francesco Cossiga, all’epoca dei fatti Ministro dell’Interno del governo monocolore andreottiano invischiato con la Loggia P2. Ebbene l’accoppiata Cossiga-Andreotti col varo dell’allora recente governo, avevano nominato uno stuolo di piduisti a capo dei servizi segreti: il generale Giuseppe Santovito al Sismi, il generale Giulio Grassini al Sisde preferito al più titolato non massone Emilio Santillo e il piduista Walter Pelosi al Cesis (Comitato esecutivo per i servizi di informazione e sicurezza) proprio in pieno sequestro.
Il gruppetto di eversori si univa al generale piduista Raffaele Giudice, dal ’74 comandante generale della Guardia di Finanza nominato dall’allora Ministro della Difesa Giulio Andreotti, su sollecitazione del Venerabile Licio Gelli, capo supremo della Loggia eversiva.
Il contagio a mo’ di catena di Sant’Antonio coinvolse via via altri i piduisti come Pietro Musumeci messo a capo dell’ufficio “Controllo e sicurezza” il colonnello Giuseppe Belmonte, Elio Cioppa, il capitano dei Carabinieri Vincenzo Rizzuti, il colonnello Domenico Scoppio (dirigente del Sios, servizio informazioni dell’Esercito) il tenente colonnello Sergio Di Donato (addetto alla gestione fondi), e il tenente colonnello Antonio Romano (addetto alla sicurezza).
Il Viminale, subito dopo la strage di Via Fani incrementò la ragnatela della P2 grazie al fatto che Francesco Cossiga ingaggiò in qualità  di esperti i piduisti Federico Umberto D’Amato (uomo di fiducia dei servizi segreti americani), lo psichiatra Franco Ferracuti (in rapporti con la Cia) il prefetto piduista Fernando Guccione (sistemato a capo della “cossighiana” Sala direzione globale) l’ammiraglio Antonio Geraci, capo del Sios Marina la maggior infiltrata nella Loggia gelliana e Steve Pieczenik uomo di fiducia del Segretario di Stato americano Henry Kissinger, che da tempo lamentava le simpatie per i comunisti da parte delle alleate Francia e Italia.
Non a caso il sequestro Moro avvenne nella mattinata in cui era prevista un’alleanza governativa democristiana coi comunisti, vicenda inedita nella cattolicissima Italia disseminata di caserme americane della Nato.
Erano gli anni in cui l’Unione sovietica di Breznev finanziava le campagne elettorali del partito comunista italiano di Enrico Berlinguer. La Loggia gelliana ossessionata dai comunisti, e a servizio degli Usa, mirava alla scalata del Corrierone di Angelo Rizzoli e al totale controllo dell’informazione poi operato da Craxi e Berlusconi. Ma ne riparlerò domani sulle ridicole e finte indagini che permisero al plotone di carcerieri di Moro di muoversi indisturbati per Roma fino al ritrovamento del cadavere dello statista.
Ridete o piangete (a seconda di come la prendete) questa gustosa intervista farsa a Francesco Cossiga (non presente in studio) trasmessa in “A porta a porta”.
Il politico sardo, va ricordato, é stato premiato da un settennato intero alla presidenza della Repubblica proprio grazie all’avallo alla Loggia.
La mirabile maniera andreottiana: “Non ricordo” é solo rimandata.

11 pensiero su “16/3/78 La Loggia P2 rapisce Aldo Moro”
  1. Dalle conclusioni del giudice Imposimato:
    “Con l trascorrere degli anni e l’acquisizione di nuove prove – afferma Imposimato – e soprattutto dopo il lavoro di redazione di questo libro mi appare chiara una cosa: il sequestro Moro, partito come azione brigatista alla quale non é estranea l’appoggio della Raf e l’interessamento, per motivi opposti, di Cia e Kgb, é stato gestito direttamente dal Comitato di crisi costituito presso il Viminale. Il delitto Moro non ha avuto una sola causa.
    Ma ha rappresentato il punto di convergenza di interessi disparati.
    In questa operazione perfettamente riuscita, sono intervenuti la massoneria internazionale, agenti della Cia [Ferracuti, criminologo che tracciò il profilo del Moro non più Moro dentro il covo delle Br], del Kgb [l’agente Sokolov presentatosi a Moro come studente borsista], la mafia [Pippo Calò che si interessò con i suoi contatti con la Banda della Magliana per scoprire il covo] ed esponenti del governo [Cossiga ministro dell’interno ed Andreotti pres. Del Consiglio], gli stessi inseriti nel comitato di crisi. Tutti questi dopo il 16 marzo, hanno vanificato le opportunità  emerse per salvare la vita di Moro, spingendo di fatto le Br ad ucciderlo”.

    Nella storia del delitto Moro, chiude il ragionamento il giornalista Provvisionato, la prudenza é d’obbligo: occorre evitare di passare da una verità  di comodo ad una scarsamente dimostrata. Ma occorre anche evitare l’errore opposto: pretendere prove matematiche assolute, granitiche per dimostrare un fatto.
    Come avete capito, leggendo queste righe iniziali, questo non é il solito libro sul rapimento e uccisione del presidente Aldo Moro.

    Scritto a due mani dal giudice istruttore che seguì, tardivamente le indagini e da un giornalista che si occupò del caso, ricostruisce a mò di istruttoria tutti i misteri, i lati oscuri della vicenda.Andando a demolire tutti i luoghi comuni, le false verità , che il governo italiano stesso complice anche parte del giornalismo che accettò la verità  che veniva propinata: fu fatto tutto il possibile per salvare Moro, che fu sacrificato in nome di una ragione di Stato, per salvare la democrazia e non cedere al ricatto dei brigatisti.

    Tuttò ciò é falso.

    Falso per ché la polizia giudiziaria e la magistratura furono bloccate dal seguire piste, indizi, dal governo che, tramite il comitato di crisi e la procura Generale di Roma, bloccò per giorni preziosi le indagini.

    Il covo in via Gradoli poteva essere trovato prima; come la tipografia in via Foà ; note del Sismi parlavano di un imminente sequestro importante e che in Italia si stavano radunando molti terroristi (della Raf e di quel misterioso gruppo chiamato Superclan o Hyperion).
    L’Ucigos (la polizia creata da Cossiga in fretta e furia dopo la riorganizzazione dei servizi) sapeva del covo in via Montalcini già  nel ottobre 1978.
    Si poteva arrivare al covo seguendo la pista degli incontri tra i briatisti Morucci e Faranda con esponenti di Potere Operaio Piperno e Pace.

    Falso parlare di ragion di stato quando in realtà  si registrò da parte del governo e delle forze dell’ordine (che rispondevano al Viminale e non alla magistratura) un immobilismo sconfortante: peggio ancora si costruì con le Br, un muro contro muro.
    Non solo non si accettò nessuna condizione (caso unico quello del rapimento Moro, se confrontato con il caso Sossi prima e quello Cirillo poi), non solo non seguì una politica attendista per prendere tempo e scoprire il covo.Come due laboriosi muratori (in inglese mason), Cossiga e Andreotti voltarono la faccia al compagno di partito: a partire dalle lettere di Moro, giudicate scritte da un Moro non più in possesso delle facoltà  mentali.

    Bloccando le iniziative della famiglia Moro (lasciata isolata).Si arrivò anche alla farsa del lago della Duchessa, nel giorno del ritrovamento del covo in via Gradoli, col falso comunicato numero sette. Un messaggio sottile alle Br: “sappiamo chi siete e dove siete. Fate quello che dovete fare e fatelo in fretta”.

    Doveva morire: troppi interessi attorno alla sua morte. Moro stava parlando di Gladio (la struttura segreta militare legata alla strategia della tensione, di cui Cossiga e Andreotti erano a conoscenza), degli scandali interni alla Dc, dei finanziamenti dagli Stati Uniti.
    Moro era un pretendente scomodo alla corsa per il Quirinale: alla presidenza arrivarono infatti prima Cossiga nel 1985 e poi sarebbe arrivato Andreotti, se non ci fosse stata la stagione delle stragi del 1992.

    Non é il solito libro: qui alle Br superstiti, oggi quasi tutti liberi, non viene dato spazio alle loro giustificazioni, ai loro farneticanti ideali.Qui compaiono tra i tanti imputati di una istruttoria per un processo che ancora deve venire, assieme a nomi illustri (Cossiga, Andreotti, Gelli) anche nomi meno illustri: Pieczenik che organizzo la manipolazione strategica che ha portato alla morte; Steve Ferracuti, i piduisti nei servizi segreti e negli apparati di polizia; esponenti di quei movimenti in contatto con le Br, come Pace e Piperno.

    Nell’intervista finale, Eleonora Moro racconta:
    “Ora vedo che coloro che hanno ucciso Moro sono vivi. Non mi riferisco a quei poveretti che gli hanno sparato. Intendo gli altri, quelli che avendo in mano … Ma non mi faccia parlare.Sono tutti conniventi. E lei stia attento perché quelli che non hanno indietreggiato di fronte al fatto di uccidere una persona che aveva loro spianato una carriera, sono capaci di fare qualunque cosa.”

    L’onorevole Aldo Moro e la sua scorta: il maresciallo dei carabinieri Oreste Leonardi, i brigadieri Domenico Ricci e Francesco Zizzi, gli agenti di polizia Giulio Rivera e Raffaele Iozzino.Che avevano segnalato più volte la pericolosità  del servizio che svolgevano (strani avvistamenti, la macchina che non aveva la blindatura), ma vollero lo stesso stare accanto al presidente.

    Il generale Dalla Chiesa, il colonello dei carabinieri Antonio Varisco, il giornalista Mino Pecorelli.

    Sono capaci di qualunque cosa…
    “A me sembra giusto che da qualche parte resti scritto come sono andate realmente le cose. Io sono una catechista, quindi sono un educatore.
    La gente deve sapere per evitare che accada ancora”.

  2. La massoneria… che temeva il compromesso storico con il PCI…

    Ma l’ipotesi CIA NON é da scartare. Chi di voi ha visto il Film “Piazza delle 5 lune”????

    Interrogativi e risposte (ipotizzate) molto interessanti e veritiere!!!

  3. sei un grande. continua informarci!!! siamo assetati di sapere LA VERITA’! La gente, ma soprattutto i giovani come me, vuole LA VERITA’ su questi ESSERI!! GRANDE DANIELE!!!

  4. Il caso Moro e’ un esempio emblematico di come la P2 avesse occupato le istituzioni tramite i suoi affiliati.
    Qualche tempo fa,un Licio Gelli trionfante dalle pagine dei giornali,dichiarava trionfante la messa a punto del ”piano di rinascita democratica” piduista.Berlusconi (tesseraP2 n°1816)ne e’ l’esempio piu’ concreto.
    Andreotti,alle domande su fatti importanti della storia d’Italia dal dopoguerra in poi,che lo riguardano in prima persona,ha risposto,risponde e rispondera’ sempre:”NON MI RICORDO”.
    Ha ragione Beppe Grillo quando dice che sapremo la verita’ solo quando Andreotti sara’ morto e gli toglieranno dalla gobba la scatola nera….

  5. BRIGATE ROSSE, NERE, BLU’ E MILLE ALTRI COLORI, TUTTA UNA FARSA,
    UN TEATRO FU’.
    RICCORDO QUEI GIORNI, TUTTE LE ISTITUZIONI ERANO IN PREALLARME.
    PAROLE, MILIONI DI PAROLE, KM D’IMMAGINI TV.
    UNA SOLA DOMANDA MI POSI ALLORA ANCOR OGGI MI DO’ LA STESSA RISPOSTA, CHI VOLLE IL RAPIMENTO E LA MORTE DI’ MORO ?
    IO, ENZO, MI DIEDI QUESTA RISPOSTA, FU’ LA POLITICA ED TUTTO CIO’ CHE ECONOMICAMENTE RUOTA INTORNO AI “NOSTRI” GOVERNANTI.
    UN MONDO, PER NOI SCONOSCIUTO, SAPPIAMO BEN POCO, LE TV, I MEDIA, FANNO DI TUTTO PER COPRIRE LA REALTA’.
    LO VEDIAMO ANCHE OGGI, LA POLITICA VUOLE DISTRUGGERE LA DEMOCRAZIA.
    NON SI’ TRATTA DI’ DX O SX, TENTIAMO DI’ LEGGERE I GIORNALI BADANDO BENE DI’ METTERE LE PAROLE NEGLI SPAZZI VUOTI, QUARDIAMO I TG, SOFFERMANDOCI DI VEDERE L’IMMAGINE CHE E’ STATA TAGLIATA, FORSE SOLO COSI’ RIUSCEREMO A VEDERE UNA PARTE DI’ REALTA’.
    SONO UN VECCHIETTO IGNORANTE E IDIALISTA, SONO STANCO D’ESSERE PRESO PER I FONDELLI E VOI?

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